Credo che sarà difficile leggere, o almeno provare a rifarlo, tutto quello che son riuscita a scrivere.
Sappiate che è tanto. Scrivere non mi pesa. Non mi mette vergogna.
Diciamo che però oggi mi è capitata una cosa che non mi aspettavo. Ero di mattina a fare il tirocinio di Gastroenterologia. Massì, chi se ne frega, alla fine l’ho fatto anche su me stessa. Alla fine è simpatico provare a mettere un tubo in bocca a un manichino per provare a fare una gastroscopia come se si giocasse alla playstation. Ma quando si parlava di carcinomi e neoplasie del primo, secondo tratto…. retto, tenue… beh, cazzo. Stavolta la testa non mi ci stava più di tanto.
Ormai inizio a vacillare mentalmente ogni volta che mi accorgo cosa sto avendo e cosa ho avuto. Anche perché io già faccio facce strane quando i prof ricordano agli studenti che: "Voi non avete mai lavorato, quindi figuriamoci che figure farete davanti ai pazienti…".
Insomma, perché finché sei lì a lottare, a pensare che "cazzo, io ne devo uscire… porca troia che devo fare? orcazzozza, vediamo di non pensarci e di abbassare la testa e caricare finchè non si sfonda la muraglia…". Ne sei cosciente, ma sei anche così esaltato che non è che ti accorgi bene dei contorni della cosa. Piano piano capisci cosa passano i famigliari. Solo che è pazzesco, quasi bestiale per uno che quelle cose le tratta. Poi che ogni volta che te lo spiegano da una parte ti da fastidio non poter dire: "che ti credi, l’ho provato. Per quello io so che quel che dici teoricamente è giusto… che bisogna sorridere, aver rispetto…" ma dall’altra non so…
Cioè, da una parte ti senti fortunata, dall’altra ti senti privilegiata, dall’altra ricordi lo smazzo, dall’altra ancora dici: "cazzo, potevo approfondire di più su me stessa" dall’altra ancora ti viene mal di testa e vorresti studiare le api e il polline anziché parlare del dotto di Wirsung e dintorni.
Diciamo che ha fatto comodo essere paziente. Si sa come si sta…. sì, ma a volte l’empatia ti ammazza. Quando vedi le medesime cose sugli altri. Una cosa è essere delicati e educati, portati ad aiutarlo, l’altra è rivedere alcune fasi che hai passato.
Insomma, stare lì, col la testa che pulsa, le persone intorno, la risposta pronta e i mesi passati che ti scorrono velocemente. Le nausee, la voglia di uscire, di tornare a casa, di isolarsi e perché no di piangere.
Da una parte è servito stare male. Ho fatto una scrematura delle persone che mi circondavano in questo modo. Ho scoperto di poter contare su tanti che non conoscevo, ho scoperto lati bellissimi di persone con cui cazzeggiavo e basta. E anche il contrario. Diciamo che da questa parte serve, e non è servito sentirli parlare o che dicessero chissà che, ma molti di loro mi hanno consentito e consentono di staccare la spina per quei brevi momenti che
E ora vaffanculo, ho 38 di febbre, la settimana prossima coi tirocini, il weekend lavorativo ma ho voglia di uscire. Eccheccazzi.
rilassati per stasera ok?baci
ottima, la voglia di uscire. a me a volte non viene, e mi scoccia, e mi scoccio.
beh, la voglia di uscire contemporaneamente a 38° di febbre suona un po’ sfasato (o sfigato).
sull’empatia troppa che-ti-ammazza, maremmamaiala se è vero! gli è che subir quelle robe e poi studiarle/rivederle ha bisogno di un po’ più di tempo in mezzo. dovresti prendertelo.
essì, dell’empatia se ne farebbe volentieri a meno in certi momenti (almeno per una giornata, eccheccazzo…)
un abbraccio forte, Fran. so che sarai una bravissima medico, o medichessa errando la definizione.
Più che altro qui si esce solo per lavorare o per studiare. Mi son un po’ rotta, ecco ;)
allora vengo e ti porto a fare shopping.
Uhm, in corsia ci hanno detto di vestirci in modo figo. Tu puoi aiutarmi, lo so.
Ecco perché eri un cencio. Questo organo di informazione bulgaro funziona.