Le ova nel paniere.

Da parte della famiglia paterna di cui reco il cognome la Pasqua era una delle tante festicciole, come quelle della ricorrenza dei morti, nella quale rispolverare lo zoccolo duro dei riti pagani che era d’uso perpetuare.
Dunque, spiego. Mio padre colleziona crocifissi. Detta così uno pensa primariamente che sia un uomo pio, poi magari pensi che non è molto normale, specie quando entri nel suo ufficio e vedi tre pareti su quattro disponibili (e una è occupata da una finestra molto grossa) tappezzate di cristimortiincroce. La colpa rinasce da quello che doveva essere suo padre, che incipiò a tenere un tot di crocifissi in ufficio. Poi essi si sono moltiplicati, se ora dovessi ricordarmi a memoria quanti siano in quei dieci metri quadri direi un numero somigliante al trenta. Pare una sacrestia, fino al momento che, con la stessa frequenza con cui io inizio i discorsi con boh o puntineggio scrivendo, s’usa come intercalare una bestemmia.
Sì, da qui avrete capito che il crocifisso si usa come elemento decorativo. Così.
Però penso che se non ci pensate e vi ritrovate a pagare il conto in un albergo della bassa senese e siete relativisti pensate di entrare nell’ufficio di Bagnasco [certo, sotto il piano della scrivania a destra, sopra il cassetto dei soldi, c’è anche una beretta calibro nove non denunziata e col numero di serie raschiato. Ma come dicevamo ridendo tutti i giorni col portiere di giorno "se lo facciamo incazzare e ci fa secchi con tutti i Gesù che ci sono magari ricordiamo anche di raccomandarci in punto di morte", ma questo voi non lo sapete, e le parentesi non si leggono]

Dicevo, oltre a usanze pagane nel periodo siddetto dei morti durante la Pasqua a noialtri (plurale majestatis, mia mamma si era affrancata e io fortunatamente son figlia unica) ci toccavano due cose:
la giudeata e la benedizione delle uova.
La Giudeata è quella che per noi sarebbe la processione del Venerdì Santo. Io che ci ho il gusto della scenografia e quell’alta predilezione per il bello estetico l’ho trovata sempre una troiata (con tutto il rispetto per chi la fa e per l’idea di partenza), perché tipo avevo veduto altre processioni, specie del centrosud, ed erano molto più belline. Ma alla fine le tradizioni son belle e insomma, l’unica cosa che mi faceva girare i coglioni è che quando si stava in casa a Pasqua era sempre freddo e io il venerdìsanto tendevo sempre ad ammalarmi. E conseguentemente mio padre s’incazzava. Sì, era un po’ un circolo vizioso.
Però arrivavo sempre la domenica mattina, quella di Pasqua, che stavo malissimo. Però la mattina di Pasqua era obbligatorio portare le uova a far benedire, perché papà le voleva mangiare a pranzo.
Premesso che ho un brutto rapporto con le uova da quando all’età di traé anni presi una salmonellosi da uovo così debilitante che stetti male oltre un mese (le cronache narrano che mi collassavo anche perché ehm… è intuibile) al solito per non sentirsi dare della forestica o dell’ignorante (sì, di norma era l’epiteto che mi son sentita dire spesso da mio padre) m’alzavo dal letto e si andava nella parrocchia di Santa Maria della Stella [che incidentalmente è la parrocchia dove ho fatto battesimo e cresima] per l’unica volta nell’anno a lasciare lì, nel tavolo a sinistra approntato per l’occasione, a lasciare le uova e andarle a riprendere prima che il prete facesse la messa del mezzogiorno.
E io che aspettavo la Pasqua solo per mangiare il pangiallo, che piaceva solo a me. Però sì, dopo si tornava in albergo e si mangiava lì da soli, ché tanto si era aperto ma non è che c’era nessuno. E se uno ci faceva caso a sedersi sui divani si sentiva ancora l’odore della polvere posata d’inverno per mesi. Fortuna che sono allergica solo ai cipressi e ai pioppi. Fosse stata anche la polvere…

Però la pasqua l’ho sempre vissuta meglio del natale eh.

0 thoughts on “Le ova nel paniere.”

  1. tantecarecose: appena li eredito (se li eredito) ci provo. Ma secondo me si moltiplicano* anche per schizogonia.

    *un cordiale saluto al gruppo ciellino d’ascolto.

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