CÉZANNE – Le Chant de la terre

OPERE DI CEZANNE DI ILLUSTRE PROVENIENZA ITALIANA
NELLA GRANDE RASSEGNA DELLA FONDATION PIERRE GIANADDA
A MARTIGNY IN SVIZZERA

Fra gli oltre cento capolavori di Paul Cèzanne esposti per tutta l’estate (fino al 19 novembre) nella grande
rassegna proposta dalla Fondation Pierre Gianadda a Martigny (Svizzera) figurano anche alcune opere che
potremmo definire “italiane” perché appartenute a personaggi significativi della nostra storia
imprenditoriale e culturale o perché provenienti dai nostri musei.
In primo piano senza dubbio sono da considerare due dipinti che Egisto Paolo Fabbri, fiorentino nato a New
York nel 1866 e morto a Firenze nel 1933 acquistò in occasione dei suoi soggiorni a Parigi, dove aveva una
residenza, dopo essere rientrato in Italia dagli Stati Uniti con lo zio Egisto (1828-1894) che, morto il fratello
Ernesto, aveva adottato lui e i suoi fratelli, prima del rientro in Italia nel 1883. Negli Stati Unii il vecchio
Fabbri in 33 anni di permanenza (dal 1850 al 1883) si era costruito un piccolo impero sia come banchiere –
in società nientemeno che con John Pierpoint Morgan – sia operando nel campo dei trasporti marittimi con
la ditta Fabbri & Chauncey descritta allora da The New York Times come "one of the biggest shipping
houses in America".
Il giovane Egisto Paolo aveva studiato pittura a New York alla scuola di Julian Alden Weir, pittore che
aveva conosciuto in Francia l’impressionismo, considerandolo in prima istanza orribile, per poi
comprenderne la novità e farsene promotore in patria. L’arrivo in Italia e la possibilità di
soggiornare a Parigi lo introdussero in modo diretto alla produzione impressionista e in particolare
all’opera di Cézanne, di cui divenne un vero cultore oltre che un collezionista appassionato: ben 38
sono le tele del Maestro che ornavano le pareti del suo appartamento parigino e che per la quasi
totalità furono acquisite direttamente da Ambroise Vollard, “il” mercante parigino di Cézanne. Fra di
esse, anche quindici paesaggi, due dei quali sono ora a Martigny: La Côte des Jalais à Pontoise (1878-1879),
ora di proprietà della Fondation Louis Vuitton di Parigi, e Le Hameau du Valhermeil, Auvers-sur- Oies (1881),
opera che è ora in una collezione privata di Tokyo ma che è passata, fra le altre, dalla collezione dello
scrittore tedesco Erich Maria Remarque (pseudonimo di Erich Paul Remark), autore notissimo in particolare
per il libro “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, e poi della moglie di lui l’attrice Paulette Goddard, che
la conservarono nella loro casa di Ronco sopra Ascona, in Canton Ticino,per quasi 40 anni, dal 1940 al 1979.
Della prima di queste opere, particolarmente efficace nei colori e nella composizione, Daniel Marchesseau,
che illustra in catalogo tutte i dipinti esposti, scrive che essa “partecipa pienamente dell’impressionismo e
testimonia della frenesia del pittore che va a disporre il proprio cavalletto di fronte a dei punti di vista dalle
prospettive inaspettate.”
Due anche le opere – l’olio Maison parmi les arbres (1904-1906) e l’acquerello Rochers à Bibemus (1895-
1900) – che appartennero a Lionello Venturi, storico dell’arte raffinato e acuto che, trasferitosi in Francia
nel 1931 dopo essere stato rimosso dalla cattedra di Storia dell’Arte all’Università di Torino per non aver
accettato (uno dei 13 tra gli oltre 1200 cattedratici italiani) di prestare giuramento di fedeltà al fascismo,
realizzò nel 1936 il primo Catalogue raisonné (catalogo ragionato) dell’opera di Cezanne che fu pubblicato
con il titolo “Cézanne, son art, son oeuvre” da Paul Rosenberg, illustre gallerista parigino. La Maison parmi
les arbres, acquisita da Venturi direttamente da Vollard, è forse l’opera più intrigante presente in mostra,
dalla modernità sconcertante: l’artista ha ormai settantacinque anni e racconta il paesaggio con rapidi
tocchi di pennello, macchie indistinte che spiccano sulla tela lasciata grezza per buona parte della sua
superficie. Un racconto alla maniera dell’acquerello, potremmo dire, ma estremamente fresco con quei
colori che annunciano più che descrivere la campagna nei dintorni di Aix-en- Provence. Anche nella seconda
opera la scena è simile e ancor più della “casa” tende inconsapevolmente all’astrazione. Da segnalare che
questo lavoro passò dalla Collezione di Venturi a quella – altrettanto illustre – di Gianni Mattioli.

A segnare l’attenzione del collezionismo italiano verso Cézanne sono in esposizione altre due opere, una –
Le Cabanon de Jourdan (1906) – che appartenne al milanese Riccardo Jucker (ora conservata presso la
Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma) che è considerato l’ultimo dipinto di
Cézanne e un Esquisse de baigneuse (1900 ca), una sorta di disegno ad olio su tela che passò dalla
Collezione di Ambroise Vollard prima al milanese Carlo Frua De Angeli e poi al parmense Luigi Magnani che
la destinò (con una serie di acquerelli di Cèzanne che aveva acquisito nell’ultimo decennio della sua vita)
alla Fondazione Magnani Rocca dove tuttora è conservata.


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