Brugolatevi.

Io stamattina alle 9 ero lì, fuori, a prendere del freschino per tentare di svegliarmi. Ché qui senza caffeina non si sta in piedi. Poi ci fa entrare, la tizia dell’Ikea sebbene io già 5 minuti prima ero entrata a chiedere se insomma si facevano lì i colloqui e cose così.
Dopo un po’ ci fan salire la scala e ci mandan nel salone. Ci liberiamo dalle giacche (sì, la nike modello operatore ecologico) e ci mettiamo seduti a una serie di 4 tavoli ikea come quello che ho io in casa.
Ci guardiamo così, tipo bimbi dell’asilo che passano alle elementari, e facciamo finta di nulla. Alla mia sinistra ho l’unico più giovane di me, uno nato il 29 giugno dell’85, studente di architettura. Gli altri si attestavano su una età media di 35-40 anni. Mi sono improvvisamente sentita giovane e, vi dirò, anche figa visto che la più figa era una delle risorse umane e somigliava a una delle due Gretel&Gretel.
Ci danno una cartellina da ricompilare. Mannò, maccazzo, per la terza volta da riscrivere il curriculum vitae. Non ne posso più. Lo compilo nuovamente, riscrivo tutto, metto le firme anche a un documento che autocertifica che la mia schiena non è a pezzi e da montare con delle brugole.

[poi qui, come insegna il sommo Sassi, la pratica non sarà della malattia ma dell’infortunio sul lavoro, ma ve ne parleremo, giovani lavoratori]

Iniziano i primi fogli pirla. Mi ricordano gli esercizi quelli scemetti di inglese che dovevi fare anche a quegli esami tipo PET o come erano: mettere in ordine di preferenza cinque valori (non ricordo quali, ma sono i primi 5 della mission IKEA, li ritrovate lì), fare le crocette su due paginette di aggettivi che secondo te le persone usano pensando a te (credetemi, ho cercato pirla ma non c’era) e la seconda pagina aveva gli aggettivi ripetuti, ma te non potevi tornare indietro a guardare, un altro foglio dove dovevi mettere le tue taglie in caso t’assumano per la divisa, e il foglio migliore, quasi commovente ove spiccavano le domande:
– Cosa vende l’ikea?
– Conosci altre aziende che vendono e producono mobili?
– Quali stili di arredamento conosci e quale è il tuo preferito?
E altre due domande, tra cui una mi pare era su come vedevamo l’ikea e cosa ci aspettavamo da essa. Perdonatemi, non ho memoria per ‘ste cose.

Finita la compilazione del temino qui ci han detto: "fate il cavaliere".
Ciò ha creato scompiglio tra i presenti, facendo emergere che tutti con la brugola in mano sarebbero delle mezze seghe, invece significava soltanto piegare un foglio a prisma triangolare in modo che scrivendo su una faccia il nostro nome poteva essere visto dai selezionatori al tavolo come se fossero quelle targhette lì da tavolo da congresso, i cosidetti cavalieri (perché portatori del nome?).
Dopo questo breve momento art attack ci chiedono di presentarci a loro e agli altri disgraziati. Inizia questo momento in cui sembriamo tutti alla alcolisti anonimi cercando di trattenerci il più possibile dall’enumerare le nostre sfighe. Qualcuno ce la fa, altri un po’ meno. Alcuni più di dire "ciao", l’età e cosa era lì a fare non son riusciti. Ma il bello deve venire. Tra parentesi vi metterò cosa pensavo ma non ho esplicato, altrimenti pareva brutto (ma sarebbe stato divertente).

Ci consegnano in mano il catalogo Ikea2008 e un foglio con delle istruzioni. Un nostro caso di studio a cui dovevamo dare una nostra risposta concreta in fatto di arredamento. Il problema era un po’ alla cazzo, vediamolo assieme:
  • Una famiglia composta da 4 persone vive in un appartamento di 100mq composto da cucina, bagno, camera matrimoniale, cameretta, soggiorno/sala. Con un budget di di quindicimila euro fate delle proposte di arredamento per la cucina, la cameretta e il soggiorno/sala tenendo presente che: a) la mamma non lavora b) il padre è architetto e spesso lavora in casa c) il bambino ha 7 anni d) la nonna vuole la sua indipendenza.
Ci danno 10 minuti per focalizzare un po’ la cosa poi da lì partono i rotfl.
Io ero per una soluzione molto semplice: bambino e babbo che si giostravano la cameretta per far dormire la pulce e lavorare/studiare papà/pischello e la nonna metterla nel divano letto in soggiorno, così poteva russare e rantolare nonché darsi all’areofagia in tranquillità (così come il pischello raggiunta la pubertà poteva darsi a giuochi di mano senza l’ansia che la vecchia lo bloccasse). In pratica mi lapidano, ma capisco. La mia è una visione giovane, la gente già si rivede nell’anziano messo nel letto e io nel bimbo.
Tizia: "Scusa, ma metti che poi la signora anziana sta male, che la fai stare, senza camera?"
Fran: "(no, c’è il reparto di semeiotica) Eh, vabbè, e allora consideriamo magari anche che suocera e nuora si scannano litigando tutti i giorni in cucina e facciamo due fuochi separati?"
Intanto il reparto pragmatici, ossia io, il signore che lavorava all’arquati e il giovine architetto (che presentandosi ha detto: "vorrei lavorare all’ikea perché essendo fidanzato già penso al mio futuro a due. A 22 anni. Argh) iniziamo a fare la conta media dei metri quadri della casa e considerando stanze standard ci accorgiamo che in pratica ‘sto soggiorno è grosso quanto un bilocale: 58mq (ecco, vedi che si può tirar su un tramezzo e metterci la vecchia?).
Dopo che lascio un po’ scannare la gente su dove mettere ‘sta vecchia sento la tizia dell’ikea dire che abbiamo gli ultimi dieci minuti per trovare una soluzione. Lì, sentendo fiatella odorante di truciolato sul collo, ho operato un ribaltone che neppure un Mastella riuscirebbe a fare e trascino tutti sull’opzione Vecchia-in-cameretta dicendogli:
Fran: "e siamo tutti d’accordo che in cucina ci vuole un tavolo grande, vero? visto che staranno sempre lì le donne…"
Ci accordiamo alla meno peggio, ma a tempo scaduto gli over40 del gruppo vogliono ancora dire la loro dopo la mia relazione della cosa (che vi ho sommariamente raccontato, eh). La Tizia di cui sopra era per un letto a castello "perché ai bimbi gli piace arrampicarsi in alto" (col cippero, a me dava noia. Sul traghetto ci mandavo mio padre, 130kg, di sopra), perché, perché la tizia ha chiesto se avevano voglia di aggiunger qualcosa a quello che avevo riassunto? A sto punto mi scazzo e gli dico che comunque non avendo la planimetria dovevamo fare una proposta così, nell’ordine delle idee e una cosa che potesse andar bene in qualsiasi occasione, neutrale.
 Mi sale la voglia di chiedermi checcazzocifacciaiolì ma arriva la cosa migliore: il powerpoint della azienda dove ci spiegano come si sia passati dalle sementi alla libreria Billy, quanto è povero il nostro contratto nazionale al quale sarà affiancato uno integrativo se lo store venderà tanto e bene e poi i cotillons:
– ci sono i pranzi aziendali, le feste aziendali, le gite aziendali (lì mi son figurata anche il cinema aziendale con titoli scelti solo da Moretti in una specie di Sacherikea con rassegne indipendenti di cineasti svedesi tipo fantozziano)
– all’ikea ci si da tutti del tu e ci si veste tutti in divisa, perché si è tutti uguali anche se il tuo capo guadagna di più, ma c’è amicizia. Inoltre esistono più di una giornata no-alla-burocrazia con quelli degli uffici che vengono tutti vestiti con la divisa al reparto vendite per vedere che tutti siamo una grande famiglia.
– alla mensa aziendale si mangia con un euro.
– c’è lo sconto dipendenti (unica cosa positiva finora)
– se figli o ti sposi ti danno dei buoni omaggio (in pratica ti fanno la camera o la cucina)
Poi ho paurosamente spento il cervello, visto che in pratica per una depressa uscire di casa e fare tutto questo è già sovraumano.

Pausa pre-colloqui individuali. Vado al bagno, è libero solo quello per gli handicappati e tanto da quando son stata operata lì all’intestino non è che ci sia differenz… ehm, ecco. Però, dicevo, entro e ehm, evacuo non troppo felice. Alla fine cerco per tirare l’acqua: panico, non c’è. C’è solo una cordicella molto lontana (di fronte) tirabile, sembra l’allarme "aiuto-ho-un-coccolone" che io ho sotto la doccia e quindi mi vergogno. Apro la finestra. Chiudo la porta a chiave dall’esterno (dite, ciavevi paura che il baubau uscisse dalla ceramica? eeeeeh, beh, insomma…) e fingo nonchalance lavandomi le mani e uscendo facendo la vaga dal locale toilettes pensando di rispondere "grazie altrettanto" ad ogni madonna che la donna delle pulizie mi tirerà contro.

Rientro nella stanza e hanno fatto due gruppi, uno di sei per la stanza uno, uno di sette per la stanza tre.
Io sono la penultima della stanza uno, e finirò per penultima prima del sovracitato architettino.
Naturalmente placchiamo le prime uscite per sentire le domande, e già lì capisco che devo scordarmi chi sono, cosa penso di me e cosa ci faccio su questa terra: imposto il cervello in modalità velina.
Le tre ore di sonno ormai fisse aiutano, debbo dirvi. Per farla breve arriviamo al momento in cui io entro nello stanzino (il mio bagno al confronto è Versailles) e ci sono ‘sti due delle risorse umane che si erano presentati a noi quando c’era lì il momento alcolistianonimi. Io metto su quella faccia che il mio trendsetter mi aveva consigliato e come un Derek Zoolander di noantri formulo un’espressione tra il sognante e l’entusiasta del lavorare in Ikea. In realtà vorrei riandare al bagno, e parte dell’espressione deriva da ciò.
La prima domanda è innovativa: "si descriva".
Io, pensando di essere al casting del Grande Fratello per un momento ripiazzo la tiritera dell’alcolistanonimo di cui sopra, ingigantita e addobbata di voilant e pizzi con qualche frase simpatica. I due continuano a scrivere come se io stessi parlando della fame del mondo ed arriva la Domanda:
"mi dica 3 aggettivi con i quali si descriverebbe… che sente che la rappresentano, ecco…"
(Fran non sei a Salsomaggiore, non rispondere Solare, ti prego, ti prego)
Attendo due minuti facendo la solita commedia del "vediamo che ci penso" e tiro fuori uno schietta, dicendo che è la caratteristica principale di noi toscani (tiè, ed è anche uno degli aggettivi della mission), un collaborazionista (e la tipa mi chiede in quali occasioni… diobono, quali secondo te? Per cambiare le gomme forate sulla statale?) e un testarda (e la tipa mi chiede in che senso…).
Poi mi chiedono cosa pensi dell’ikea. E cosa mi aspetto dall’ikea. Tiro giù delle cose come "lavoro stimolante" e simili. Mi sento convincente e continuo su questa cosa.
Mi fanno tirare poi fuori la foto di casa mia e qui recupero un’aria sognante-entusiasta dicendo che nel montare lì la roba mi vennero anche le vesciche alle mani (…) ma poi dopo ci passo avanti e penso che l’ho fatto io e sono soddisfazioni. Però la foto, dopo che la guardano ammirati, la voglion loro. Uff.
Poi mi chiedono delle altre esperienze lavorative, del mio corso di studi ("ma poi come concilia a…" ahò, saranno cazzi miei? e invece gli ho dovuto pure cercare una risposta diversa da "senta, o venivo qui o al macdonals, ma almeno qui non c’è puzza di fritto"), di nuovo del mio corso di studi e di cosa volessi fare da grande. Io gli dico che comunque in futuro voglio fare il medico, e loro mogi mi dicono "beh, sa, perché noi selezioniamo anche gente che resta con noi anche nel futuro…" e lì parte la supercazzola dicendo che insomma il futuro, cosa è il futuro se io sono qualcosa in divenire che non lo so neppure io anche se alla fine voglio fare il medico, ma ci ho ancora 8 anni di studii? Comunque mi faranno sapere da qui a ottobre. Io punto allo stagionale/week-end, avevo scritto la X su tempo determinato/fine settimana, ma quanto pare non si cagano le preferenze. E non più di un anno, sennò inizio a vedere brugole ovunque.

Domanda finale: "come si vede lei tra tre anni".
(sì, qui mi son trattenuta dal "chissà se ci arrivo tra tre anni" e dal "ah-ah, non riesco a dire tvatveanni")
Rispostone: "va bene: ancora non laureata?"
[fine, son stanca, ronf]

24 thoughts on “Brugolatevi.”

  1. Mamma mia…”cosa mi aspetto dall’ikea” uno stipendio, no? Infarcita di ideologia come il McD, che l’ultima volta che ci sono andata sulle tovagliette c’era scritto “questo cibo è preparato da persone contente di farlo”, il che mi ha fatto subito passare la fame. Non ti sei descritta “leggermente alta-leggermente cinica-leggermente rompicoglioni”?

    sporad

  2. Di sicuro è terapeutico esternare i propri problemi di salute, ma non con tutti. Qualcuno potrebbe pensare sia “contagiosa” oppure stabilire di non essere “idonea”, per umore, ad allietare una festa (anche se non è così) e magari “dimenticano di invitarti” per questo. Per fortuna non tutte le persone sono così, e tu in compagnia sei felice e dimentichi il resto. Baci mamy

  3. te lo dico:io mi sarei fermata alla storia del cavaliere, temendo di aver sbagliato edificio/zona/programma/città…

    comunque per farla completa potevano farti fare le prove fisiche, giacchè c’erano..0__0

    ammazza che trafila,Fran!

    lieta di sentirti viva,allora :)

  4. Dania: eh :)

    Paul: d’ora in poi, giuro, controllo prima. Mi è venuta la fobia.

    Sporad: esatto. La stessa cosa pensata da me.

    Mamma: pensa se la grande famiglia ikea poi mi abbandona al Cantagallo dicendomi “ah, non te l’avevamo detto? mi sembrava di sì”.

    Vale: eh, ci vuol fisico (chi ce l’ha?)

  5. Non so te, ma io sto ancora pensando alla nonna con le sue esigenze di ventilazione e l’adolescente con il suo giuoco di mano.

    E certo, ovviamente anche a QUEL bagno.

    Son morto a leggere ‘sto post :D

  6. Concordo che il post contiene dei siparietti esilaranti, più volte ho dovuto sospendere la lettura per ridere, perchè immaginavo visivamente le situazioni descritte.

    Mamy

  7. Soluzione a naso: nonna nella cameretta e tirar su una parete con le librerie Expedit (mi pare – insomma, quelle a quadretti che stanno in *qualsiasi* studio di architettura) nel salotto per realizzare zona cameretta del regazzino e zona ufficio del padre.

    (comunque, io ci voglio bene alla mamma di Fran.)

  8. Cavolo, non c’ho pensato a smollare il marmocchio in sala e a ghettizzare la vecchia in camera (mi avrebbero detto lo stesso: “i bambini vanno a dormire presto”, che poi non è più vero, già aprono i blog a sei anni, figurati a sette….)

  9. Cioé, ti dan la risposta ad ottobre? ma siamo a marzo :-S

    Questo mi ricorda il colloquio telefonico con Danone che ho fatto il mese scorso: la stronzetta delle risorse umane mi fa la domanda di rito “perché Danone?” ed io sparo la mia risposta standard già sperimentata decine di volte. e lei: “ma ci sono molte aziende con queste caratteristiche, perché proprio danone?” e la testolina di jack: “senti, brutta stronzetta transalpina, io qua davanti ho un librone con un sacco di aziende, me le stavo passando tutte una per una e sono arrivato alla D, okey?”

    jack

  10. Ok, allora in ogni multinazionale li programmano così :(

    Sì, io infatti spero i trovare qualcosaltro di interessante prima di ottobre (chi vuol segnalare qualcosa è ben accetto eh)

  11. Io avrei risposto “date la brugola alla nonna e so’ cazzi suoi” XD

    Stupendo post Fran…ci avevo quasi preso che vi mettevano in gruppo per la gara a chi monta prima la libreria XD

  12. commento alla stanza: non mi stupisce tanto l’arredamento simile al mio (affezionata acquirente ikea)…mi sconvolge il fatto che abbiamo lo stesso identico pavimento!!

  13. ah…tra l’altro io faccio selezione del personale e ti assicurato che mi è capitato di fare di peggio….cose tipo siete tutti naufragati su un’isola deserta (lost docet)…devi convincere tutti che è più necessario un ombrello di 10 litri di acqua!

  14. Ti offendi se ti dico che fate un lavoro che io non farei neppure se le ultime due opzioni rimaste sono l’imbalsamatore e il selezionatore risorse umane?

  15. Ummarò, ma cos’era, un colloquio di lavoro o un interrogatorio???? Comunque, a parte le triple chiamate dei selezionatori, ci ho visto tutti gli ingredienti del colloquio di lavoro tipo, comprese le domande “eperchèvuoifare questo lavoro” e “infuturofaraiquestolavoro”….sulla seconda mentivo spudoratamente (in realtà mi servivano i soldi per il corso post-laurea che poi ho fatto a Roma, ma con i danè del nonno, purtroppo); quanto alla prima, invece, mi inventavo qualsiasi frase sviolinatrice, facendo finta che volevo lavorare per piacere e non per bisogno….:)

  16. Lo so, ma io non riesco ad essere falsa su domande dirette. Cioè, l’entusiasmo me lo accendo pure, ma sentirmi dire “vuoi lavorare qui fino alla pensione”… se permetti… Non ce la faccio a fingere, ecco.

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