Ma ecco.

Dovrebbe apparire logico che lì dentro tu non c’entri un cazzo, ma ormai ci sei e proverai a divertirti, ti scrollerai nuovamente di dosso quell’aria malinconica che anche tu quasi cominci ad odiare. E’ semplice andare alla serata inaugurale della stagione invernale del Cabiria, ficcarsi dentro il lounge ambient di questo posto che si chiama come il personaggio di un film di Federico Fellini, alzare la testa e lasciarsi inondare dalla tempesta di progressive house pompata dalle casse appese al soffitto, perdersi nel flusso inconsistente ed assordante di voci e braccia e visi e parole e contatti e sguardi, ondeggiare leggero dentro questa marea densa. Alla consolle ci sono i deejay di All Hands Group che mixano frenetici musica su musica, al centro c’è la vox microfonata che grida ed incita e cerca il gruppo più scatenato, intorno c’è qualcuno che fa delle foto da pubblicare il giorno dopo su internet. E’ semplice utilizzare il foglietto di carta che ti hanno dato in cambio di sette euro per prendere un campari-gin, notare che ci mettono dentro molto poco gin, accorgerti che non ti fa proprio nessun effetto. Bevi e pensi a come poco prima V. ti ha detto quasi ingenuamente che tu assomigli al suo “amore segreto”, vedi che ogni tanto lui si avvicina leggero, vedi a come sul divano fatto con grosse canne di bambù lui si appoggia lentamente a te. Provi a guardarvi dall’esterno e non ti pare male come coppia, senti la sua consistenza ed il suo odore, decisamente non ti pare male. Bevi e pensi per un attimo che sia M., ti accorgi che ogni volta che M. ti affiora nella testa ti viene su una specie di rabbia condensata che si diffonde lungo tutto il corpo e che devi contenere a fatica. Bevi e ti guardi intorno, certe volte l’esperimento che fai è tentare di capire la vita e la storia di chi ti trovi di fronte, puoi vedere tranquillamente mescolati tra loro i giovani universitari, i giovani lavoratori, quelli in camicia e maglioncino a V, quelli vestiti di pelle, le ragazze molto truccate e molto poco vestite, i quarantenni in giacca e cravatta, quelli vestiti “con capi trendy che poi son dei capi orrendi” (come Elio insegna), quelli palestrati con magliettina aderente, quelli che ti mettono in lista e camminano sorridendo e stringendo mani. Bevi e ti rendi conto che sei un anonimo tra gli anonimi, un “number” e non una “face” come direbbe il caro vecchio Errique B., pensi che non te ne frega niente, pensi a come al tg hai sentito che Robbie Williams si lamenta perchè ha un patrimonio equivalente a 170 miliardi delle vecchie lire e questo non gli permette di fare una vita normale come tutti i ragazzi. Pensi che lo prenderesti volentieri a pugni. Non ricordi ogni quanti secondi un bambino nel mondo muore di fame, devono averlo ripetuto nello stesso tg però pensi che non è difficile smettere di cantare, dare tutto in beneficenza e fare la vita di un ragazzo normale. Quando torni a casa non è semplice smettere di pensare, puoi solo mettere su tutto il rock migliore che possiedi, isolarti dalle vibrazioni meccaniche della macchina, alzare il volume della JVC e passare lento attraverso la notte.


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