You're pulling strings, Dancing on the souls of the weak.

Una decina di giorni fa ho pubblicato un post. Alcuni di voi lo han vissuto male. Ma non riuscivo a non scriverlo: ho questo disagio e questo buio che mi corrode dentro da giugno scorso e amicizie sbagliate con i loro comportamenti han peggiorato la cosa spaventosa che ancora si alimenta dentro me.
Sono certa che nessuno mi capisce, ma la cosa per me ormai non ha importanza. Fingo che vada tutto bene, prima con me stessa e poi con tutti. Poi basta sentirmi parlare per una giornata intera, due, per capire cosa sta andando in onda nella mia testa. Il bello è che tolti i momenti di disperazione in tutti gli altri son pericolosamente lucida, e non è bene.

Ringrazio quelli che mi han scritto, anche se devo rispondere ad alcuni di voi perché le risposte non possono mai essere banali. Non parliamo di problemucci.
Purtroppo siamo noi la misura di tutte le cose, quindi le nostre reazioni son diverse. Un po’ come il concetto di normalità, magari a voi essere in un posto da tot giorni e non incontrare e salutare un vostro genitore è anormale. Per me è normale. Quindi è capibile che nessuno mi capisca. Ma per me è inaccettabile, ancora, quella che è stata per me mancanza di rispetto.
Non capisco perché oltre a soffrire fisicamente come una bestia da soma (oggi mi sentivo un po’ come se avessi scalato l’appennino a piedi) debba essere stata anche bombardata psicologicamente.
Ci sarebbero da citare tante mail che mi han strappato un sorriso.

Tra le tante c’era una frase che si riferiva a Michele e faceva: "e secondo me uno che crede a due fanciulle idiote e fa i trenini con Sofri è un incubo, non un amore"
Una parte di me annuisce ridacchiando, l’altra innamorata china il capo.
E sta male, sentendosi sbagliata, perseguitata, abbandonata.

Riuscire a farmi male mentalmente, in mezzo a una serie di sfighe, modestamente, è una cosa non da tutti.

Dico solo che dormire per 15 ore un giorno, con il sonnifero che ti stende, che ti lascia la bocca amara, con quella sete che non ti passa mai ad acqua, che ti fa sentire le mani informicolite quando ti svegli, che ti blocca l’emisfero destro fino a rintontolirti e lasciarti lì a fissare al buio il soffitto fino a farti dormire.
Sto iniziando ad entrare nella fase che senza farmaci non dormo più. Magari è comodo.
Comodo un cazzo, ma cercavo ottimismi.

Non credo che essere ammalati dia una forma di eroismo.
Credo sia come andare in guerra e poi tornare in caserma. O almeno, io dovrei… io mi sento quel soldato provato dalla guerra, da quello che è e da ciò che significa doverla combattere. Che però ora è fermo in caserma, quasi a riposo, ma impregnato di ricordi e di paure e preso dall’ansia di dover ripartire. Non sapendo quando, partire.
Guardo la mia esistenza da fuori e la trovo disprezzabile. Inutile a livello biologico.

Ultimamente nelle mie orecchie spesso risuona la voce di Gnecco. E quella canzone, ascoltandola ad occhi chiusi, un po’ dipinge il mio quadro odierno. Questo ammiro delle altre forme d’arte.

The difference is clear
I’m your nigger you build with fear
And I hope I live to see the day
When your ideals go crashing away
To show you that your reflection is as cold
And as black
As the organs that pump blood to your veins
Because, you see…
I never wanted to own you or
Really anything
Just me

Credo che la cosa più importante da dire è che a volte mi do fastidio da sola per come sto.

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