Larinciunfelarillallera, larinciunferarillallà*.

[paccata dalla stessa donna che mi ha accompagnato al concerto di cui vado a parlare solo sette giorni dopo, ché qui ci si accavallano i giorni, stasera me ne vo al pub con una che ha appena risposto: "mamma, che vuoi uscire stasera?" "mmm, dove?" "pub, del mio compleanno" "ok, prendo la pizza…". Eh, io pensavo a quel cocktail di cui già non ricordo il nome sebbene ci abbia le doglie, non le coliche, mah]

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Amici.

Colpevolmente ve ne ho parlato solo in trasmissione domenica scorsa (ora, per gli incovenienti tecnici, non credo più solo alla sindrome di Giacobbo. Ma i colleghi webjay possono esprimersi a riguardo se fosse solo il conduttore di raidue a portar jella) così travagliata che non ci ho messo neppure il podcast a disposizione di voi ascoltatori. Ma tanto nessuno si è lamentato, quindi sticazzi. Dicevo, per parlarvi ben bene del concerto di stazioni lunari dovrei risentire il parlato. Quindi andiamo a memoria, quindi a casaccio.

Prima cosa che mi ricordo: Marzio del Testa, batterista, è caruccio assai alla vista [giustamente, se qualcuno ha da ridire sulla nota riporto la nota di Elisa che dice "certo che un concerto lo si vede a tutto tondo, altrimenti mi compravo un cd"]
Seconda cosa: i nostri vicini di poltrona all’auditorium son stati appellati, sempre dalla mia compagna di concerto, "io ci sarò, con tutto il mio entusiasmo" (cit.)
Terza cosa: il sindaco è entrato per poi uscire a metà concerto. Mentre nella parte in alto a sinistra c’era il gruppo dei carampani della Donà.

Schematicamente proseguo con note estemporanee sui cantanti dell’evento:
– Magnelli: da vedere mentre per incitare il pubblico ad applaudire si produceva in una haka australonapoletana (cit.)
– De Sio: è sulla strada della Bertètizzazione, non canora, ma come dire, ehm, di estro sul palco. Estro. Lei e il suo bastone da strega Nocciola. La tenutaria del blog si è prodotta in battute leghiste che prontamente la sua mente ha cancellato. Ci sono stati seri episodi di riso tra me e la compagnadiconcerto.
– Servillo: paraculo. Il festival del paraculismo, a tratti si sente Massimo Ranieri e un po’ canta e un po’ recita. Poi recita. Poi recita cantando. Ma boh, gli si vuol del bene, e per di più fa una versione di Amandoti vicina all’originale che a me ha dato i brividi.
– Donà: boh, la adoro. Bravissima. E anche simpaticissima mentre "finge" di impostare la voce per annunciare ciò che canta. Inizialmente non la sentivo molto bene, credo per rincoglionimento fonici.
– Di Marco: l’elemento fisso (vedi, consigliato, anche il suo lavoro sul progetto Stazioni Lunari), c’ha sto viso dolcissimo, ‘sta voce bella… che vuoi dirle?

Le foto qui. Leggera cantata dalla Di Marco qua.
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