Stress post traumatico.

Secondo me il mio compagno di uni, col quale studio e che è a conoscenza di questo spazietto web [e che si lamenta che questo sglaps sia eccessivamente buonista e puccettoso], un po’ non mi sopporta, per due o tre cose.

Mangio troppo in fretta e due secondi dopo sono subito pronta a riprendere a studiare.
Quando c’è da studiare di brutto mi sacrifico e rompo i coglioni affinché si finisca.
Cammino troppo velocemente, come se mi mancasse sempre tempo.

Il problema è che il lavoro mi porta a fare tutto ciò già normalmente.
E poi non posso mai dire che lavoro, in facoltà. I miei docenti la prendono molto male, se uno dice che lavora. La prendono come mancanza di serietà. Come se te non ti applicassi. Boh.

Pensate ora, di ritorno da Puzzonia. Io che in pausa pranzo mi passeggiavo per tutti i Campi Elisi e poi tornavo seduta nel mio ufficietto etto etto.
Ho il piccolo difetto che mi riconosco di camminare con un passo troppo spedito. Ma in realtà corro anche in bici. Insomma, ci ho sempre fretta ma me la prendo con calma. Pare un controsenso, ma anziché dimenarmi nervosamente io, con la consueta flemma tra l’addormentato e il pensieroso, penso a muovermi.

Che la maggior parte delle volte è sempre tardi, eh.

Il cavallo e l'obelisco
Ad esempio l’unico giorno in cui ebbi la pausa pranzo notevolmente più lunga andai a fare un bel girone nella zona dei Campi Elisi-Tuileries.
Feci forse, di questa sopra, la foto più notevole scattata in Transalpinia.
Pioveva.
Pioveva ed era pieno di Polizia, ad essere precisi. Non so che c’aveva, Chirac, ma c’era Polizia ovunque, coi poliziotti pronti a mangiare, sebbene fossero le 11 o le 12 non ricordo, nei loro pullmini coi loro cestini del pranzo.
Io non avevo fame, ma li guardavo. Ad esempio le guardie, i nostri pennelloni di Granatieri son meglio, non sono così imponenti. L’Eliseo non è sta cispa. Non so, da fuori si presenta con la stessa maestosità di casa mia. Quasi nulla. Imbucato su una traversa lì, sempre dei campi Elisi. Ma la Polizia te la spargono fino al Grand Palais, così ti fanno accorgere che il presidente, anzi il signor presidente è lì in zona.
Poi quel giorno sono risalita verso l’Opera tramite i grandi viali. Ci passai poi anche di notte, di ritorno dal concerto dei Lacuna Coil, ma di solito col buio e con le luci non è che ci capisci un cazzo.
Mentre invece quel giorno ai giardini de le Tuileries pioveva. E c’era un gruppo di gonzi che girava un video musicale. Pioveva, e lo vedevi perché negli specchi d’acqua sotto la Piramide di vetro le gocce si spandevano sull’acqua.
Pioveva, quasi alla parmigiana, e i tuoi capelli né ricci né lisci, come quelli della pubblicità, facevano quel cazzo che volevano. Ché quando non li colori non so come mai ci hanno le loro storie. Che ora invece che li colori sembra che non l’hai fatto perché il biondo sussiste e resiste. Però pioveva e te odi tenere l’ombrello perché lo consideri utile a cavare solo gli occhi altrui. Però l’acqua sulla fotocamera non era bella.
La stanchezza nelle gambe la sentivi solo la mattina nel letto. La combattevi buttando l’acqua calda sulle gambe sotto la doccia. Il problema è che poi la temperatura dell’acqua non l’avverti tanto, quando è calda, quindi prima o poi ti aspetti che ti regalino il bagnoschiuma all’alloro così sei già pronta grigliata.
Però eri contenta, lì, con le tante cose da fare.
E non erano cose brutte, ecco.
La tua carenza di stima a volte viene ben curata col lavoro che ti fa sentire utile.
Poi magari anche quando fai le cazzate ti diverti. Come quando entri al conservatorio, in una delle sale, con una sorta di dichiarazione di guerra risuonante all’orecchio dei non parlanti bavaresi come se si dovesse invadere il vostro garage e che invece stava a significare una cosa tipo "Cazzoni, porcaboia, siamo in ritardissimo… portate le chiappe fuori…" e trovi un importante direttore di orechestra che spiega e parla agli stessi a cui tu hai rivolto l’amichevole esortazione.
Peccato non si potessero sollevare i listoni del parquet e infilarcisi sotto.
Così, magari quando sei tornata a casa e riprende il tran tran quasi ci rimani male. Forse perché ti manca qualcosa. Forse perché le mura di casa ti fanno pensare alle stesse cose. Forse perché ci si risveglia dall’aver un po’ sognato.

0 thoughts on “Stress post traumatico.”

  1. Ad esempio l’unico giorno in cui ebbi la pausa pranzo notevolmente più lunga andai a fare un bel girone nella zona dei Campi Elisi-Tuileries” Spettacolare. Potrebbe essere l’incipit del tuo libro… :D

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