Il sole a picco. Il caldo. Non so, spero che la prossima edizione del Frequency (sono un'abitudinaria dimmerda) non sia a ridosso del Ferragosto.
La fila lunga del trova accredito: io che penso che se non lo trova faccio 'na strage. Lo trova. Corro verso la macchina a mettere il pass. Poi sofferenza sotto il sole. Ci danno gli impermeabilini usa e getta. Che uno vedendo quel sole, a picco, alle 14.20 si chiede cazzo ci fai. E siamo lì, nell'ingresso normale, perché neppure i media entrano prima.
Fa caldo, io finirò la giornata con un'abbronzatura modello muratore su braccia (a mezze maniche) e parte della scollatura diciamocosì. Entriamo. Verso la sala stampa, dove non c'è ancora affisso quale sia la wifi. Pazienza: apro il netbook e cerco di scrivere giù delle domande per le interviste. Ne ho quattro: oggettivamente troppe ma è tutto concentrato il primo giorno, almeno tutto quello che interessava a me…
Fortunatamente (!?) i Vaccines hanno annullato la data per motivi di salute, con un lungo comunicato un po' paraculo: alla luce che stanno facendo concerti in UK e Rock en Seine suona piuttosto da perecottari. Quindi una è saltata lì, a causa loro (dopo enormi sforzi di Sony Italia, e mi spiace un casino aver rotto per nulla). Poi anche niente Kaiser Chiefs perché la testata per cui chiedevo l'intervista (non Radionation) non risultava completamente gradita. Quindi ciao, meno due.
Nella mia ottica "ormai sono qui, porcocazzo, facciamo bottino" però riesco, esattamente due giorni prima, a farmi riconfermare Jamie Woon e Janove Ottensen dei Kaizers Orchestra. Che assieme a Interpol e Two Door Cinema club finiranno il quartetto.
Un passo indietro.
I primi a suonare sono i Cloud Control. Oggettivamente bravi a suonare, giovani e graziosi. Le canzoni però non mi dicono davvero nulla, e non so come mai. Già era capitato col disco, live si confermano solo molto più bravi ma non per me. Non so come mai, ma credo sia prettamente una questione personale di gusti. Mi dirigo poi verso la canicola del green stage proprio a vedere Jamie Woon trascurando gli Yuck sul palco centrale. Woon è molto bravo, una delle persone più interessanti su disco di quest'anno e ancora più dal vivo: voce ottima, resa live altrettanto. Un buon set, che non sono riuscita a vedere nei cinquanta minuti totali causa intervista che mi attendeva in sala stampa.
In realtà poi sono anche arrivata ben prima dell'orario ma Janove Ottensen era già lì. E i settings del mio registratore un po' sminchiati causa borsa. Il fatto di sentirti dire che i Kaizers Orchestra (band che in Italia ascolteremo tipo in cinque, credo) stavano per venire a suonare in un "festival milanese" (e io che mi chiedevo "ma quale?") e poi sono stati cancellati ti fa un po' rodere, ma Janove mi dice che loro hanno una decina di stati dove vanno ormai fortissimo, e si sentono di coltivare quelli. Dagli torto. E poi, mentre sorseggia vino e mi da ragione nella superiorità del Chianti nei rossi, per noi che magari del norvegese non capiamo una mazza mi spiega che comunque lui canta nel suo dialetto, e quindi neanche i suoi connazionali lo capiscono del tutto. "noi puntiamo sulla musicalità", mi dice, fondendo un po' un sacco di influenze europee assieme. Non mi stancherò mai di segnalarveli e spingere ad ascoltarli.
Poi arriva anche Jamie Woon in sala stampa. Anche lui un po' a dire "non so come mai non mi abbiano mai fatto suonare in Italia, un po' devo dire che ci sono rimasto male: a me l'Italia piace molto, siete un popolo divertente, mi sento a mio agio" e per confermare che noi del 1983 siamo più digitali della generazione successiva che alberga su facebook mi risponde alla domanda su come ha iniziato i lavori sul suo disco con "beh, anzitutto ho comprato un laptop".
Sebbene poi i momenti in sala stampa a intervistare ti tengono con tutti i neuroni accesi e in tensione almeno sono al quasi fresco, sebbene si stia in un grande capannone: appena si ri-esce arriva la botta di caldo, e quindi le birre che servono per tenerti la temperatura più bassa. Scott Matthew canta sul Race Stage. E' indubbiamente bravo, sebbene non mi convinca tanto la cover dei Radiohead (No Surprises) che fa alla fine. Poi se ne scende e passeggia tranquillamente tra il pubblico appena finisce, e lo riconosci solo dalla maglietta nera con inserti fosforescenti. Sul Green Stage invece si verifica il pasticciaccio brutto: io vado perché mi annoio a stare ferma, ma appena arrivo vedo che suonano i Mona. Che dovrebbero suonare la sera nel palco coperto, ma si vede che visto la cancellazione dei Vaccines… ma avvertire pareva brutto: solo un foglio attaccato collo scotch sul vetro del chiosco informazioni lo diceva. I Mona sono molto bravi. Una delle band più interessanti sentite: probabilmente troppo poco, ma mi hanno sinceramente impressionata. Di loro colpevolmente so poco e nulla, ma sono il gruppo che non conoscevo (del giorno!) e che mi ha fatto venire la voglia di seguirlo. Il loro album omonimo è uscito a Maggio su Island records, e ha in Shooting the Moon un'autentica chicca.
Altro ottimo live è quello dei Two Door cinema club, che poi intervisto subito dopo la performance. Mentre nel palco avanti suona la Clueso and band, sinceramente abbastanza trascurabile, sebbene non malvagissima. Da qui il mio autentico dramma: il tour manager degli Interpol mi ha detto che si sarebbe fatta l'intervista in dressing room. "Ok, non ci metterò più di venti minuti" "no, ne hai quindici" "mh, ok lo stesso". Prima di tutto per farmi trovare qualcuno che mi accompagnasse ce ne è voluta: dopo che la capoufficiostampa mi ha accompagnato contenta come io quando devo affrontare la fila dal medico mi han messo nello stanzino ad aspettare notizie. E poi mi ha detto: "scusa, mi fai vedere la mail del tizio che ti diceva di venire?". Le passo lo smartphone e in pratica sto Sony credo abbia fatto il giro del mondo (ah, la fortuna di non averci cose compromettenti oltre le foto del pupazzo). Poi dopo un po', ritorna, me lo da in mano e mi dice di aspettare lì buona senza uscire. Sento provenire il suono dei National da sotto, stanno suonando. E ringrazio iddio di aver sofferto il caldo di Ferrara per vederli. Mi girano tipo le madonne, e dopo averne enumerate alcune arriva il tour manager, rilassatissimo, a dirmi scusa e bofonchiare altro per poi dirmi "hai solo sette minuti".
Il mio gelo, la mia ansia da prestazione.
Mi spalanca la porta e dentro c'è Sam Fogarino. Gentilissimo. E più bell'uomo di quando suona. Beve wodka e fuma. Addirittura butta la cenere dentro il bicchiere dove beve e poi lo riempie di vodka. Tre volte, in quei sette minuti. Devo riascoltarmi, ma ero in completo stress, non ricordo esattamente quello che ho chiesto, tranne sul futuro sound degli Interpol, che mi ha detto che rimarrà assolutamente lo stesso, e su "Ma quelli, che vi vedono freddi sul palco? Tu che ne pensi?" "La gente vede quel che vuole, tanto". Non fa una piega.
Colleziono una foto dove sono un po' accigliata perché anche il flash della macchina è in sciopero ma oh, l'avemo portata a casa. E Sam, prima di uscire mi abbraccia e mi dice take care, mentre il tourmanager in pratica mi butta fuori a calci. E io lì invece ad aspettare che mi ri-scortino fuori.
Perdo quindi molto dei The National e vado quindi a vedere la performance che aspettavo da 5 anni: quella dei Kaizers Orchestra. Non mi deludono: mi diverto da matti. Un peccato che non scendano a queste latitudini.
Dopo tutta la fatica subita per l'intervista quindi mi rilasso e mi metto davanti al race stage (non è assolutamente vero: mangio, bevo e appena vedo i fotografi partire li seguo con lo stesso scatto) per vedere gli Interpol. Davvero ottima performance, assolutamente migliorati i brani rispetto a quando li ho sentiti suonare a Milano (Success è la preferita di Fogarino, Barricade è assolutamente migliorata live: probabilmente perché, mi diceva il batterista americano, è stata l'ultima ad essere riarrangiata per il live, quindi è stata "aggiustata")
Scaletta senza grosse sorprese, Paul però con voce buona rispetto alla settimana precedente (al Sziget non aveva una voce proprio irresistibile) e davvero una ottima resa. Sono stata molto felice.
Dopo gli Interpol (e una capatina agli Hurts, il cui suono però all'aperto risulta piuttosto bruttino rispetto al chiuso) crollo in sala stampa, su una panca, sbracata alla meno peggio. Il dubbio è ora Beady Eye o Kaiser Chiefs. Dopo aver sentito le prime due dei reduci degli Oasis e visto soprattutto Liam Gallagher nel suo parka Pretty Green con quella calura lì me ne vado a vedere i secondi, dove il clima è molto più scanzonato. I Kaiser Chiefs non sono proprio la mia band preferita, anche perché secondo me dopo il primo album non hanno tenuto benissimo il passo, ma live sono molto bravi ed energetici. Soprattutto Ricky Wilson è un ottimo intrattenitore. (lo dico? In sala stampa sembrava uno stordito, invece) Quindi il concerto va, bene, giù, in cagnara come deve essere. Olè.
Poi finiti i Kaiser Chiefs tanti saluti a tutti, perché dei The Kooks non ne frega un ciospo e dai primi cinque minuti mi accorgo che non vorrei mai sentire live i Seeed fino alla fine dei miei giorni. Ergo a nanna, o quasi.
Ti ho scoperto in Twitter e sto leggendoti un pò qui. Devo dire che questo reportage è davvero molto bello … sembra quasi di esserci stata :) Ma per che giornale scrivi?
Quotidiani locali di Parma, solo :)
E' comunque un inizio *_* E la possibilità di poter parlare con tutti loro, davvero bella!
Quella è davvero arricchente.
Tze, come si voleva dimostrare gli stronzi sono sempre i tourmanager e i valletti vari. Ci sono diversi artisti molto alla mano, è quello che ci sta intorno che…bah.
(Liam Gallagher si terrà ben stretto il suo parka e sventolerà ai quattro venti il suo marchio Pretty Green dopo che i rioter di Londra gli hanno svuotato per bene i magazzini).
Sara
Guarda, da una parte è anche "giusto" perché alcuni artisti sono come dei bambini. Dall'altra due coglioni, diciamocelo, specie se uno vorrebbe lavorare in modo decente e non è una testa di cazzo (ossia io, ecco)
(haha, sì, ma la storia del parka col caldo…)