Non artista né carta da imballo: in mezzo c’è il trattamento giusto

Hurts live in Milano - ph. Francesca Fiorini Mattei

Dunque, da un po’ di tempo (4 anni mi pare) fotografo ai concerti. Questa cosa è stata complice involontaria una mia amica (che boh, ora per le cose della vita non ci parliamo ma ecco non è che ci stiamo sul gozzo) che essendo diventata mamma non aveva più il tempo di farlo. Avendo una webzine musicale pensai che era l’ora di imparare, o almeno provarci. E’ nato proprio come provarci per tappare un buco. Ho guardato soprattutto come e cosa facevano gli altri per imparare bruciando un bel po’ di tappe, perché io al massimo “prendevo le foto ai concerti con la bridge”, così a tentativi. Poi negli ultimi due anni ho avuto questa cosa che insomma le cose se le faccio le devo fare bene e mi sono letta un casino di libri, fatto corsi online etc etc finché proprio, come se ne è accorta un’altra mia amica “sei proprio migliorata e si vede”.

Insomma, poi sono campi che secondo me non si finisce mai di imparare. Se volete fare solo il fotografo musicale (di generi che non sono affini alla edm) la risposta è no, a meno che i vostri genitori non vi paghino questo hobby. Fidatevi di una scema.

Tolto questo: è bello ma non è il mestiere figo che le persone pensano. O almeno… mi sono trovata in tante situazioni in cui un artista sceglie la tua foto e tu pensi “vah, che figata” o quando vai e le scegli e ti accorgi che non stai scegliendo le 10 meno peggio, ma proprio ti piacciono e sono affini al ricordo che hai del concerto nella tua testa. Oppure pensi che nonostante stesse piovendo a dirotto e la luce faceva schifo hai proprio riportato il momento che stava emozionando anche altri. Non so bene spiegare, ma credo che la fotografia spettacolo abbia questa forza immaginifica che altri tipi di fotografia non hanno, e che alla fine anche se lavorata con photoshop dia ancora qualcosa di fedele alla realtà che altri tipi di fotografia non hanno.

Intendo: a volte lavori in condizioni proprio del cazzo. Volevo narrarvi le condizioni di questa foto e perché a due settimane dal concerto non ho ancora uscito il tutto.


Dunque, non è la prima volta che fotografo gli Hurts. Da attendente ai concerti ricordo la primigenia fase in cui Theo era più tondetto, più vestito e statico come un manichino dell’Upim. Ho visto la band migliorarsi fino a diventare quei campioni di melodie pop così capaci di tenere uno show suggestivo e comunicativo con il pubblico. Avevo visto le foto del surrendertour e ho pensato “oh vah che figata la gabbia di neon dove sta la band dietro, chissà che figata le foto… e così erano quelle viste da Colonia. Arrivo a Milano, noto che all’Alcatraz c’è solo l’odioso palco piccolo e non il grosso e mi dicono: “c’è un ostacolo nel pit, così non potete andare da una parte all’altra, a te abbiamo messo nella parte destra”. Non è un problema, già con altri artisti avevo fotografato stando solo fissa da una delle due parti perché agli artisti (QOTSA e Nick Cave) davano noia i fotografi sotto. Pazienza, meglio di quelli che ti sputano addosso, che ti tirano l’acqua addosso o stanno distantissimi dal palco o con le luci spente proprio quando hai le sole prime tre canzoni a disposizione. Qualcosa ti inventi: e anche se fanno schifo ormai ho capito che io devo fare solo del mio meglio, ma è l’artista che voleva essere rappresentato così… e quindi ecco, si becca quel che viene.

Il problema è che nel pit c’era un unico grosso ostacolo che occupava tutto il pit. Non c’era pit. Almeno se fotografi al Tivoli a Utrecht sai che non hai pit e la gente intorno e, vabbè, è un tacito accordo e tante preghiere al diodelpogo che tutto vada bene a te ma soprattutto alla attrezzatura. Solo che ora non potevamo andare in mezzo alla gente (mai trovato un italiano che a un concerto si spostasse anche dicendogli che devi passare perché sei un fotografo e poi ti togli, ma vabbè) né scattare dalla soundboard (non c’era il permesso). E allora? Beh, mi sono girate tantissimo. Avrei perso il gioco di luci, e soprattutto avrei preso solo di culo uno dei due della band: di culo intendevo nel senso di schiena, ma poi considerai anche che mi ci sarebbe voluta una gigantesca dose di fortuna per recuperare una decina di foto decenti per una gallery. Col carattere di merda che ho ribollivo e stavo rodendomi non poco. Ho scattato, cercando di far qualcosa e poi appena finito sono uscita dall’Alcatraz. Non ho toccato quella SD per giorni perché credevo che si salvasse quasi nulla eccetto che alcuni close up di Adam (ed ero così sotto di lui che ho visto anche le sue otturazioni. Insomma, non bello per entrambi… lui lo vedo piuttosto timido e riservato e 5 fotografi proprio sui suoi mignoli deve essere stato un po’ imbarazzante). Qualcosa con un simpatico gioco di crop si salva. Non so come, mi ripetevo. Poi ho sbollito un po’ dicendo che in 4 anni di festival molte situazioni del cazzo mi sono capitate, e quindi probabilmente ho iniziato a metterle a frutto e non lo sapevo. Chiamatela creatività, spirito di conservazione, portiamola a casa ma ecco… quella cosa. Quindi le mie foto agli Hurts più belle restano quelle fatte all’Exit Festival. Meh.

Ciononostante gradirei tantissimo sapere in che condizioni scatto a uno show: sapendo che per gli Hurts non c’era pit e quella situazione in cui mi sono trovata me ne sarei benissimo stata a casa.


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