Enjoy the silence.

A me principalmente piace stordirmi.
Nel senso, sono abituata a fare diverse cose, a tenere sotto controllo tre quattro cose. Tipo, ora i giorni di vacanza mi han distrutto. Infatti si vede: ho gli occhi sbarrati fino alle cinque di notte. Andrei a dormire dalle nove di mattina alle tre e mezza di pomeriggio.

Quando ero a Parigi, a lavorare, dormivo da mezzanotte e mezza alle sei e mezza di mattina. Che poi eran poche le volte che arrivavo a dormire alle sette. Mi svegliavo sempre prima, girandomi a guardare la finestra di fronte a me.
Albeggiava. Io, astigmatica, stringevo gli occhi per cercare di focalizzare nel display sotto il televisore che ore fossero. Qualche mattina non lo vedevo, quindi cercavo a tastoni il cellulare appoggiato da qualche parte sulla moquette, accanto alle ciabatte.

Quando passavo in metropolitana di fronte alle fermate mi sembrava che stessi andando a perdere tempo a lavorare e non vedere i posti che avrei avuto di fronte, a disposizione, da vedere.
Quindi le pause pranzo, o quelle sigaretta [ero l’unica che non fumava, quindi cumulavo e mancavo un’ora piena, anziché dodici minuti ogni ora, ogni tre lavorative] erano sprecate in giro a vedere, guardare i posti, fotografare, osservare la gente.
Il problema è che a me piace tanto osservare. Mi da fastidio infatti restare sempre ferma, da qualche parte, come concetto immanente. Nel senso che sì, a me piace ciabattare in casa. Quando mi viene a trovare una persona, quando vado a trovare amici e ci sto bene, e mi piace chiaccherarci, e mi piace osservarli -non nel senso che li vedo tipo scimmiette eh- e ascoltarli non è che sento il bisogno primario di uscire e di vedere il cielo.
Capiamoci, io sono una irrequieta in ciabatte. Sono realmente così, se non faccio quelle quattro o cinque cose assieme mi sembra davvero di starmi a rotolare i pollici. E per di più, se il mio miglioramicodinfanzianonchésemiparentedisestogrado dice due cose riguardo il suo stato, ossia "ho fame" e "ho sonno", la cosa che più spesso ripeto io, e per la quale mia madre ha sviluppato una certa idiosincrasia è "mi annoio".
Quindi i nostri dialoghi iniziano con un mah, che facevi, io mi annoiavo… ah, tu eri a fare il pisolo postprandiale.

Tutto questo per arrivare a parlare di cose che tralasciai nei racconti dalla Francia.
Avevo dei pirla di colleghi. Come dire, così. Gente particolare per dire.
Il tizio collegoso di riferimento, ossia il francese stabile lì che doveva farci da riferimento ma era sbalestrato come una banderuola sul tetto in tempo di tramontana.
Una sera eravamo a cena. Sì, bellino, si va a cena tra colleghi.
Due coglioni.
Non nel senso di persone che disistimo, ma nel senso d’orchite. Fighettismo e il nulla infiocchettato e reso spray. Per dire, anzitutto io la sera, quando pranzav… ehm, cenavo al tailandese o al ristoranteacasoconmoltopiccante non è che cacciavo tantissimo. Ma capitemi, cacciare 45 euri e non magnare una beata fava è una cosa che il mio stomaco non gradì. Poi per problemi proprio di fame cieca alle due dovetti rimediare col kebab del greco vicino l’albergo. Poi ci misi diciotto ore a digerirlo, ma era un dettaglio. Ora, poi dopo a stomaco vuoto siamo andati a pogare al concerto dei Lacuna Coil.
E lì, comunque, è da raccontare la serata.

Il tizio di cui sopra [che scoprii blogger cianfrese famoso, immortalato sempre in modo copioso in quella blogfest certa e annuale che fanno loro a Parigi che mi pare si chiami blogue-t-il o una roba simile] dopo avermi sfinito parlando di:
a) i suoi frequenti figosi viaggi per lavoro
b) il suo rapporto coi genitori [madre architetto e padre medico, o l’inverso, ho rimosso]
[e intanto il collega crucco rideva e mi diceva "l’anno scorso toccò a me, coraggio"]
c) il vivere male la sua omosessualità da quando ha scoperto che forse si sente ancora bisessuale, e all’inizio per dimostrarsi di non essere omosessuale andava in giro a trombare massivamente. Poi anche per dimostrare la sua omosessualità fece lo stesso, ma sentenosi in colpa di aver tradito il compagno iniziò ad andare in analisi.
d) non sapere come piazzare il nuovo divano a causa del feng-shui o comecazzosiscrive.
mi chiese quello che non doveva chiedere.

"Tu cosa studi?"
"Medicina…"
"Ah, e perché lavori?"
"Anche a me piace fare cose estrose. Te vai dall’analista e io provo l’ebbrezza di lavorare."
"Ma che ti fai per avere tutte queste energie?"
"Prendo l’energia dal giramento dei miei coglioni, infatti mi irrito molto facilmente…"
[la frase sopra, ci ho messo venti secondi a renderla in francese, fortunatamente pareva una pausa scenica, ma tournement de mon couilles è qualcosa di pregiato]

Non so perché ma dopo di questo, ma è tornato a ossessionare il collega che rideva, prima.

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