Le lapin pas agile.

Oggi, per darvi quegli spunti di conversazione da cena aziendale o nei momenti bui al bar coi vostri colleghi, siamo qui a parlare del coniglio rosa del metro parigino.
Non stiamo parlando di una creatura di ingegneria genetica che si abbevera dagli orinatoi e si ciba della spazzatura, ma del simpatico animaletto rosa presente sugli adesivi delle porte dei vagoni della metrò parigina.
Questa qui accanto (da questo bellissimo set) è la immago di codesto animale, ricordato solo nella wikipedia francese e basta.
Purtroppo la foto che vedete. non è proprio quella più diffusa, che è questa e va a recitare "Ne mets pas tes mains sul les portes, tu risques de te faire pincer tres fort" (scusate la mancanza di accenti, ma io il francese lo so da emigrante, mai imparato bene a scriverlo ma quando c’è da esprimersi frego tutti. Sì, dovrei impararlo bene ed emigrare, un attimo eh). Occhio, che traducendo poi la stessa frase nelle varie lingue non è lo stesso. Nell’inglese non ti dicono che ti fai la bua, da noi ci mettono il punto esclamativo. E poi l’italiano è scritto piccino, così, in simpatia.
Come scritto anche lì sulla pagina in lingua baguettara il simpatico surrogato di BugsBunny è stato fatto oggetto di ironie e di vari scherzi (un po’ come i cartelloni elettorali di forzait… ehm). Una di queste è molto simpatica, venne attaccata sugli adesivi originali delle porte dei vagoni e non si sa perché in italiano sia stata come censurata. La miglior traduzione nel nostro idioma sarebbe: "Occhio, non mettere il tuo batacchio in mezzo alle porte sennò te lo ritrovi stirato e candeggiato".
Non comprendo il perché della pruderie nella traduzione, mah, coda….

Inutile dire che pincer, ramasse, e pelouse son parole che oh, mi riempion la bocca e non so, forse emerge l’autismo che non ho mai avuto e ci rido da sola. Mah. Ispirano.

L’altra cosa son gli strapontini. Ora, come si dirà strapontins in italico idioma? Non lo so. Però sono quei seggiolini che vedete in avanti, nelle zone di stazionamento. Quelle in cui nell’ora di punta ci si ammassa come carri bestiame (una volta, vidi delle scene lì alla stazione di Pigalle che non vi dico. E detta così pare anche un doppiosenso.), ed ecco, vah, in quelle ore lì ti dicono di non usare quei seggiolini per star seduta ma startene in piedi. In realtà un po’ più nelle linee nord-sud sono un attimo più bravini a guidare. Potete farci caso.

Da segnalare anche altri cartelli d’avviso. Purtroppo non li ho fotografati. Un po’ per mancanza di tempo un po’ perché un anno e mezzo fa un po’ mi vergognavo: ormai no, potrei fotografare del vomito e farlo passare per avanguardia.
Ora però vi posso illustrare, da altrui foto: attento che il treno non accosta bene alla banchina giacché siamo in curva, quindi se c’è spazio, oh, noi t’abbiamo avvertito, strullo. Poi quando suona la sirena ché il treno riparte, magari statevi fermi sulla banchina sennò vi schiacciate come pustole. Magari non scendete sui binari, vi arrostite; assieme al sempreverde Vietato Fumare.

Film con titolo di piatto provenzale che però richiama le pantegane.

Siccome questo sglaps trasuda cultura come mmm…
[oddio, non mi viene in mente un termine di paragone, oddio…]

Dicevo, siccome questo sglaps è infuso di cultura come se fosse una tazza di Karkadé è d’uopo dirvi, a voi che andrete a vedere (in modi più o meno leciti, mica solo con un biglietto del multisala, ma anche per mezzo dei soliti animali sterili atti alla soma o dei flussi di dati che scorrono in un programma che ve li fa sgorgare in una cartella) Ratatouille che, insomma, c’è la dotta citazione a lato.
Quelli esposti come prosciutti a Langhirano sono invero dei sorci, catturati a Les Halles.
Ora, io non posso spoilerarvi la storia del simpatico sorcio che cucina, che fa brutto, e dopo mi sentirei anche in colpa. Ché io la odio la gente che mi spoilera i film quando non glielo chiedo. A volte odio anche i trailer spoileranti. Ecco, insomma, però sappiate che d’un tratto vi si presenta la scena della foto qui.

Del resto la zona di Les Halles non fu mai linda e pinta. Anzi. Questo negozio lo trovate, mettendovi alla destra il Centre Pompidour, nella destra della piazza antistante proprio il Pompidour. Vende prodotti per la derattizzazione. Nonché ricordate che la zona proprio del Forum de Les Halles era, un tempo, un cimitero, i cui corpi malsepolti vennero traslati in fretta e furia nelle catacombe parigine della zona sud dopo che un muro di separazione tra una fossa comune del cimitero e un’osteria crollò diffondendo (una cosa che per comodità e che per non far vomitare il gentile lettore che si sta avventurando nel paragrafo) liquami nella zona ove c’erano le botti.
Son cose, eh?

[mercì à Tintinetmilou]

Promozione Turistica (uno)

Breve sequela di consigli per le ferie.
 
Avete 4 figli, una roulotte, un lavoro di merda e conseguentemente un conto in banca alla bassezza del lavoro, vi divertite con poco (beh, avendo 4 figli suppongo anche come vi divertiate, mandrilli), fate poca spesa dacché vi nutrite di bacche e preferite il silenzio inframezzato da urla e sceneggiate madri?
Beh, cazzo, allora ho il posto che fa per voi.
 
Montalto di Castro (Marina) è un gradevole luogo di ferie per le fasce d’età 0-14, etàincuisifiglia-etàincuidiventicardiopaticoeilmaretifamale. In tutta la forbice restante è consigliato per chi ama isolarsi, per chi ama mettersi in spiaggia dalla mattina alla sera, per chi gli va bene qualsiasi posto pur di stare in giro con gli amici e in quel caso anche l’Idroscalo ha un suo innegabile fascino. Se si hanno velleità come avere una vita notturna oltre al prendere il gelato fuori, avere un cinemino, avere un dialogo decente con della gente… beh, cazzarola, quante cose pretendete dalla vita?
 
Aspetti positivi:
– Il mare è molto bello, e vi parla qualcuno che è affascinato dal mare quanto da avere la varicella mentre era da passare l’esame di Anatomia (uh, questa cosa mi è famigliare). Il mare è molto bello, e c’è una pineta meravigliosa. Certo, magari all’interno della pineta ci sono i bruti, però devo anche dire che il mare è molto bello, perché dopo inizio la sequela delle cose che fanno schifo e sembra che noto solo le cose brutte.
– Il Tirreno è molto bello. Sono innamorata delle acque del Tirreno, boh, deve essere una cosa di noi toscani. Montalto poi è abbastanza "scoperta" ai venti e quindi sono pochi i giorni di afa. Vicinissima all’Argentario, la qualità delle acque negli ultimi 8 anni è visibilmente migliorata grazie ai depuratori e al miglioramento della zona della foce del fiume Fiora. Certo, toglie poesia la Centrale che si nota passeggiando nel bagnasciuga verso nord, ma fa tanto atmosfera industriale dai. Mentre se si passeggia verso sud (quasi tutti i giorni chi vi parla raggiunge via spiaggia la zona Murelle, circa 5km a piedi) la spiaggia ha ancora intatta tutta la macchia mediterranea. Quasi quasi non è un male, ma dopo vi dico cosa è male.
– Vicino all’Aurelia. Sull’Aurelia, anzi. Comodo quindi se si vuole andare a fare gitarelle varie.
 
Aspetti negativi:
– Nella frazione Marina c’è un solo supermercato degno del nome. Ed è di proprietà del fratello dell’ex sindaco. Sono presenti altri due alimentari grossi come il mio garage. Insomma, il supermercato però sarà di superficie 200mq. Allestimento scarso, carne pessima, ortaggi passabili, salumi insomma. Prezzi assolutamente non competitivi.
– Accomodazione. Hotel uno. Residence un paio. Case per vacanze esose (siamo sui 4000 euro un mese, e che è, Forte dei Marmi?). Per quello che offre però è l’oasi del camperista e del campeggiatore. Due i camping, e molto belli, uno in pineta e l’altro sul fiume.
– Servizi offerti al turista. Ics tendente a zero. Solo un servizio di prestito libri (buona idea, realizzazione di merda), qualche spettacolo (quest’anno il Tuscia Rock, ma merita post a se), mancanza di eventi, illuminazione comunale pessima, rifacimento a cazzo delle aree comuni, viabilità gestita male, parcheggi talmente selvaggi che spesso ritroviamo macchine fuori il cancello di casa con conseguente impossibilità di uscire, specie il sabato e la domenica coi pendolari.
– Le forze dell’ordine non girano. Sarò abituata a Parma, dove se stai in piazza della Pace di notte mezz’ora vedi girare Finanza-Polizia-Carabinieri ogni 12 minuti a turno. Qui si vede la macchina della Polizia Locale una volta al giorno. E per le multe. Inutile dire che in una delle aree pineta/parcheggio siano stanziati dei nomadi, vero?
– Poco attenti verso i ciclisti. Sarò rompicoglioni ma io amo girare in bici e ho imparato qui, a stare in bici. L’unica ciclabile presente è stretta 80cm ed è delimitata da due zoccoli di marciapiede dove ho visto molti pedali di bici sbattere. Inconcepibile. Da lì la gente si sente licenziata a girare in bici ovunque, ti viene dietro e ti suona se tu non ti sposti, oppure scende e ti misura le sberle. Cazzo come mi manca Parma, chi l’avrebbe detto. Scusate, vado a coccolarmi la t-shirt di Vignali.
– Gente locale. Spesso ho pregato Sarkozy in quanto possessore dei codici atomici. Uno non può mettersi a litigare con tutto e con tutti in ferie pur di farsi ascoltare e perlomeno cagare un attimo anche per comprare una cosa. a) sono il cliente, e tu mi devi anche leccare i piedi in fondo b) sono in ferie, se tu sei incazzato perché lavori allora parti anche te. Pezzente. Ricordati che se ci sono io che ti pago le tue cose tu puoi pagare le bollette, quindi minimo sopportiamoci. c) poi uno dice che i maremmani sono gente di merda, poi però non posso dirlo ché sono un po’ maremmana anche io e sarebbe autolesionismo. Ma io non sono così, vero? No, perché sennò cambio di corsa. Dio come sono favorevole al rastrellamento e all’epurazione quando torno qui.
– Fossi uomo mi lamenterei che non c’è figa. Per dirvi, rimorchio anche io, e non sono una bellezza, ma almeno non ho una pancia tipo biafra, una retromarcia di seno e non mi concio come donne che prendono il sole sull’Aurelia. Qualche discreto ragazzo c’è, poi aprono la bocca e mi ricordo che io non sono superficiale e mi intristisco a sentire il nulla che parla. Mah. Sì, beh, oddio, un 30% di ragazze belline c’è eh.
– Gli stabilimenti (non i bagni, qui si dice stabilimento balneare) sono un po’ old style. Antiquati vah. Diciamo che oltre a ombrellone e sdraio non si può pretendere di più, per di più c’è la polemica che si siano ciulati la spiaggia libera senza consensi scritti (ed è vero, la spiaggia libera si è ridotta, in alcuni punti, a fettucce di spiaggia quasi per il solo accesso alla battigia) nonché non ottemperano al regolamento dello stare lontani dalla riva per almeno 5 metri. Ombrellone selvaggio.
Il resto della spiaggia, a sud dello stabilimento riservato a moglie, figli, famiglie dell’esercito (sì, cari contribuenti i nostri militari possono averci la spiaggia gratis qui) è ancora selvaggio. Da un parte bene, dall’altra sarebbe bello ripulire almeno una volta all’anno, caro comune, la sabbia da un insieme di oggetti che ricordo elencati in quel modo solo in Chicco e Spillo di Bersani cantante. Sì, lo so che è una cosa diffusa in Italia, ma insomma.
 
[l’album sul flickr dell’anno scorso, forse farò altre foto vah]

Cosce fuori, zinne pure.*

*dopo voglio vedere le chiavi di ricerca, poi.

Lido

Dunque, di Schmap già se ne parlò qui.
Ora è sortito fuori che anche la mia foto del noto locale Lido (quello con le ballerine tope, sì), è finita sulla Schmap di Parigi. Potete trovare qui dove è stata inclusa la fotina a lato. Eh, e io che temevo di aver fotografato poca roba lì. Invero ‘sta foto la scattai in fretta e furia, e ne ho anche una seconda, che forse faceva un po’ più sch… ehm, meno buona impressione ecco.

Al Lido non ho no grandi ricordi [sono l’unica turista che, credo, non abbia mai messo piede ai campi elisi dopo le 21. Ricordo solo nel ’93 che io tenevo la mano del mio papà e s’andò a vedere verso le 20 il monumento all’arco di Trionfo. Faceva freddo ed era buio. In realtà ricordo bene solo io che guardavo mio padre e il tunnel del passaggio pedonale, costellato di scritte], invece una volta avendo preso l’hotel a Pigalle notavo orde di turisti italiani [fateci caso, gli italiani all’estero urlano e scandiscono le parole. Riconoscibilissimi] scendere al metro di Pigalle per poi dire "UE LE RAGAZZE DEL MULEN RUSGE CI ASPETTANO".
Bellissime scene, che in quei momenti ti fanno ingoiare la guida verde Touring e parlare esperanto.
Ma dicevo, tra Lido e Moulin Rouge non è che ci sia gran differenza di prezzo. Di suggestione forse sì, ma di prezzo no: siamo sui 120-150 euro a serata. Sarà per quello che non m’ha mai attirato? Mah.

Lambraus (ma senza brau)

Tu passi per Milano il venerdì e il sabato notte e pensi che insomma, se c’è vita è un po’ come la storia degli alieni, ossia son tutti nascosti da qualche parte e magari chessò anche usciranno fuori come le ragazze che si mettono nelle torte di compleanno e te ti chiedi come facciano a non morire di asfissia. Le birthday girl dico, mica i milanesi.

Non me ne vogliano i lettori milanesi se non s’organizzò nulla ma stiedi su un pajo di giorni veramente carucci nel capoluogo meneghino ospite dei deliziosi tatini con compagnie al seguito (di cui non si può parlare, davvero. Uno perché non è nella linea editoriale, due perché ecco… Qui mi sono accorta che appena una narra nello sglaps cazzi propri a cui ci si tiene tutto tende ad andare rovinosamente a passeggiatrici. Dunque quindi eravamo della gente così, fregatevene, ai fini della narrazione è tipo la folla manzoniana, una entità unica di corpo di compagnia, come il corpo elettorale anche. Ecco. ) a vedere traglialtri il concerto del sig.stimatissimo Sondre Lerche [che gli avventori del luogo ove strimpellava chiamavano tipo come si fa in Tuscia col pizzicagnolo "SAAANDROOOAAAOH"] e la sede Amplifon da fuori alle due di notte col Roitobus (cit.) che ritardava di minuti su minuti. Queste cose qui il prontobus non le fa, signora mia. Ah, che tempi (di reazione ritardata, direi).

Solo che c’è una costante.
Forse due.
Cazzo, quindi dovrei mettere anche delle incognit… ehm.
Ogni volta che vado a Milano il tempo fa cagare. Probabilmente anche di più. Finisce che però la domenica è bellissimo e te ti svegli a orari ciabattosi ergo non ti godi la splendidezza del tempo, ziopirla. Neppure sembrava Milano, che ne so. Per il tempo dico. Per le altre cose boh, dai, ditemi bene come si coglie il fascino milanese, che tendo ad essere ben disposta ora che la mam… ehm, la mia annina tende a cedermi anche le chiavi di casa sua, quindi ehm… come si coglie sto fascino?
Ogni volta che vado a Milano il viaggio di rientro è strano. Oggi eravamo in carrozza regionale, senza aria condizionata e stipati in ogni ordine di posto, e mi circondava un orda di brasiliani che parlavano di qualsiasi cosa. Così, da Lambrate a Parma. Due coglioni da orchite acuta. Di tutto, indicavano le coltivazioni e parlavano delle piante che neppure gli agronomi Plasmon ne sanno così tanto.
Poi c’è anche quella variabile che, quando mi vogliono portare al birrificio di lambrate [una casupola di giovani birrai che sta in una traversa di un viale in cui passano tram e macchine a tutte le ore (cit.)] e tutte le volte il birrificio è chiuso. Secondo me è un segnale mistico, ma non risco a coglierlo.

E Milano continua a non cogliermi col suo fascino un po’ così, tra io sono vivo e sono qui, e io sono qui: insultami, feriscimi. Gli edifici buttati là, la trascuratezza. Signori miei, prendete un po’ di splendidezza del revival parmigiano, vi si cede in blocco la vecchia giunta, se volete.

Ah, sì, e una cosa che non c’entra nulla. Mi dicono che se la natura chiama e il vostro corpo deve rispondere [ma anche solo per un goccio di acqua, non sto parlando di sciolta] sappiate che la stazione di Modena non verrà incontro ai vostri (coff) bisogni. Difatti non si segnalano né orinatoi né cessi. Son cose, brutte. Più pappagalli per tutti.

Questa ora legale secondo me annebbia le menti.

[ore una e qualcosa di notte, riflessioni post visione di quel programma rai che è Voyager che parlava riciclandola per la 40esima volta della roba lì Giza-Casteldelmonte-Chartres. Dialogo reale, eh. Sì, se non prendo subito sonno è grave.]

Fran: "Tipo… tu non puoi operare una crasi con la metà del 1800, perché tu fai così, lo so…"
Genitrice: "Sarà, ma dopo mi paiono tutte schifezze"
Fran: "Cioè, e poi te stai nella storiadellarte, dico. Come se io dicessi che certe specializzazioni fanno schi… no, l’esempio non calza. Vabbè, ma è bello seguire tutta l’arte, perché almeno dici con più soddisfazione va che cagata…"
Genitrice: "Mmmmah"
Fran: "E lo dici appena vedi un orinatoio sbieco o una chiesa tetra che pare un set di Argento, tipo… ricordi lì a Parigi la chiesa quella lì prima di andare al Centre Pompidour…"
Genitrice: "…"
Fran: "Dai, quella dove entravano stormi di piccioni dentro che ci avevano fatto il nido…"
Genitrice: "…"
Fran: "… no eh? No. Che era la chiesa dei Bausciamilanesi a Parigi…"
Genitrice: "mmm, aspetta ma quella coi cosi…"
Fran: "Se mi spieghi cosa intendi per cosi."
Genitrice: "Facciamo che non me la ricordo."
Fran: "Pensavo che il particolare del colombo fosse risolutivo. Mah. San… boh, salcazzon, con tutto il rispetto per il santo eh, sia mai che s’incazza, ma la chiesa faceva letteralmente cagare lì dentro…"
(risate di sottofondo)
Fran: "…mah, forse Merri, una cosa del genere. Con tutte le cose a maglie di fuori che metti anche ai dirupi per evitare la caduta massi. Una cagata diciamo."
Genitrice: "Sempre con la solita immutata stima per il santo?"
Fran: "Eh. Sisamai si incazzi. Ma ora, così, per dire, che ti ricordi… che t’è piaciuto a Parigi?"
Genitrice: "Mah, tante cose…"
Fran: "Questa è la risposta tipica della persona che non si ricorda un cazzo, per dire eh. Cioè, fuori dell’Unesco cheiononhopotutovedere, quale è la cosa che ti ha colpito? La prima cosa a caso eh. Non dirmi l’aver visto Renatozero sennò mi deprimo…"
Genitrice: "…"
Fran: "…cioè, e io che ci metto l’entusiasmo a portar in giro la gente a vedere cose…"
Genitrice: "No, vabbè, ora come ora mi ricordo quando hai adocchiato i due euro in chiesa sulla panca di fronte e ti pareva brutto alzarti e quindi l’ho fatto io…"
(segue attimo in cui la sottoscritta ha una autentica crisi di riso)
Genitrice: "…mmm, la cosa lì la bicicletta in quel parco. Che io guardavo la ruota e pensavo cazzo ci sta a fa ‘sta rota qui in mezzo, poi vabbè… mmm, poi le cose solite. Ah, e quella piazza lì con i leoni o checcazzoerano che c’era la chiesa con quel campanile… non so se hai capito."
Fran: "No, è che non capisco quale sia il campanile lì a San Sulpice"
Genitrice: "Vabbè, però hai capito."

[poi il discorso seguiva, ma ci sono violente affermazioni verso l’Eliseo uscite dalla mia bocca che insomma, non vorrei riportare. Ciao amici d’oltralpe eh]

Poi una si scorda le cose.

Avantieri si diceva in casa, guardando una mia ecs compagna d’uni che in un anno ne ha vissuti sette come i cani -o almeno pare dacché prima sembrava una pischella e ora pare la mi’nonna-, che io finalmente negli ultimi anni sto raggiungendo l’età che dimostro e anzi a volte dimostro qualcosa meno.

A me ha fregato sempre l’altezza.
Una volta avevo sedici anni, era una domenica mattina e non ci avevo nulla da fare. Oddio, a me la domenica mattina piaceva dormire. Ma mia mamma mi disse: "Ho un servizio di guida turistica in più da fare, invece di darlo a una mia collega lo vuoi tu?"
Aspettai 30 secondi in cui mi dissi cose tipo: "ma io non ricordo un cazzo, in fin dei conti ‘ste cose le so solo a memoria avendole sentite da sedici anni, ma poi io che ci vado in giro a fare…" e poi dissi che andava bene. La capogruppo mi chiese cosa studiassi all’università, ovvero quale delle facoltà a carattere storico archeologico frequentassi. Siccome già mi garbava medicina le dissi che facevo medicina. Lei rimase costernata e mi disse che certo, io ero una ragazza molto intelligente e multidisciplinare. Io e la mia grande cultura la ringraziammo e continuammo a spiegare citando a memoria passi dell’Inferno di Dante e particolari di gente evirata durante Conclavi, ma il tutto con leggiadria.

Tutta questa cosa ha un perché, ma è anche una introduzione.
Mia mamma, a ottobre, è riuscita a farmi passare per sedicenne all’ingresso del Castello di Chantilly. Il bello che non se ne era neppure accorta, ma ha detto alla tizia della biglietteria "mia figlia è una giovane studentessa" e forse complice l’acne giovanile che mi accompagna ormai fedele da un decennio la francese ha fatto 2+2 facendomi risparmiare quasi metà biglietto.
Tutto ciò è bellissimo a tratti, un po’ come infilarsi a ritroso nella zona a pagamento aggiuntivo delle collezioni del castello facendo il percorso a ritroso e, una volta beccata dalle guardie, fare finta di non capire il locale idioma rispondendo alla guardia in todino-umbro-chiusino.

Le Chateau de Chantilly

Ma di Chantilly voglio parlarvene, visto che vi parlai del dopo. Il borgo si estrinseca attorno a una rotatoria. In realtà non l’ho visto, mi fermai solo in un bar a prendere un té per motivi che non sto a spiegarvi [ah, sì, sappiate che il quei casi è il té che astringe, non il limone. A meno che il limone non lo usiate in altri modi eh], però non è che c’è moltissimo eh. Però da Parigi si arriva attraverso la foresta di Chantilly, teatro e luogo degli scontri del secondo conflitto mondiale. Poi d’un tratto arrivi in mezzo al selciato (con somma gioia dell’auto) e ti vedi il castello. Un consiglio: parcheggiate dopo le scuderie, non si paga e potete godere di una vista come questa, dal camminamento accanto al terrapieno. Dopo essere passati avanti al museo vivente del cavallo e alla palazzina del Jeu de Paume [ricordate la pallacorda di memoria rivoluzionaria? Ecco, in francese si dice Jeu de Paume, ed è tipo Volano, ma cadde in disuso. Ora a Parigi al posto della palestra della pallacorda c’è un hotel, mi pare sull’Ile St.Louis]. L’acqua del fossato non è alta, emana un odore salmastro e dentro ci sguazzano pesci a caso. Però è suggestiva.

Chantilly: L'interno della Cappella.

Varcato l’ingresso e il ponticello ormai in muratura che conduce dentro il castello si entra in uno dei due cortili, con a sinistra la Sainte Chapelle, restaurata dalla Gaz de France, che stavo per non vedere perché l’ingresso (sic) non è ben indicato all’interno. Bisogna superare lo scalone da cui si riemerge dalla visita alle sale del castello. Scalone che è vicino alle cucine, il cui profumo è davvero ottimo e contrasta con quello del salmastro/fognario sentito in altre zone. Fortunatamente il biglietto è valevole tutto il giorno, quindi prima di riuscire dal parco sono andata a vederla. Molto luminosa avanti, molto scura dietro. C’è un perché: davanti si fanno/facevano le funzioni del calendario normale, dietro i funerali.

La guida interna è molto brava. Parla un francese da accademia, senza accenti e scandendo le parole. Il problema è che suppongono che te sappia la storia francese come l’avemaria e a volte è pesante starci dietro [ché io son specializzata sulla seconda guerra mondiale e sul pre-1600]. Infatti ci guardiamo sbigottite sentendo "sinistro nel senso marittimo" non riuscendo a tradurlo in nessun modo, né trovando riscontri legati al conte D’Aumale. Se qui qualche lettore lo sa vince la mia gratitudine e un caffé pagato.

Secondo me è abusivo

L’interno è bello. Ci sono alcune chicche di arredamento e una biblioteca, consultabile su richiesta, splendida. Da segnalare anche il coso qua a lato, un corridoio in legno, che da agli appartamenti del principe [cambia l’entrata alle stanze: di sopra l’uso è francese, ovvero come in tutti i grandi castelli che avrete forse visitato per passare da una sala all’altra dovete calpestarle tutte. Questo corridoio serve per ovviare l’entrata alle stanze di tipo inglese, ovvero un corridoio di servizio con le porte che danno alle sale] che secondo me non lo avevano condonato, all’epoca. Poi c’è tutta l’ala del museo Condé, che in pratica è curata come un mecenate ottocentesco avrebbe disposto i quadri in casa sua. Quindi per noi abituati al minimalismo risulta essere un po’ caotica, ma alcuni pezzi e miniature valgono.
Il parco vale la visita. Ma è gigantesco. Lo costeggerete se poi proseguirete verso Senlis/Lille giusto dietro il grande Canale. Intorno le fontane non funzionavano tutte per motivi climatici. Pensate che era molto più freddo di questi giorni. Limpido eh, ma freddo. Io mi infilai in auto la seconda maglietta sopra quella che avevo, per dire. Ti veniva voglia di camminare a passo svelto, ecco. Però dovevi stare attento a non calpestare le merde dei cigni, che avevano scagazzato ovunque lasciando cacchette verdi qua e là. Un campo minato. Sembra però bello dalla foto, e non so perché ve lo sto spoetizzando, mah.

L'Hameau

Però dicevo il parco è bello. C’è la zona dell’Hameau, ossia quei villaggetti che i nobili per sentirsi tanto rurali e campestri quando gli tirava si facevano costruire. Memorabile quello di Versailles costruito da Maria Antonietta, ove ci andava a giocare e dove ci han girato anche qualche film. Ah, no cazzo. Vi ricordate la Traviata televisiva da Parigi? Beh, sì, ci girarono alcune scene lì.
Poi il parco prosegue, è talmente ampio, ma vabbé, non c’è da spiegare. Anche perché io ho condensato, ma se siete giunti fino a qui ci avete una pazienza enorme, e insomma, per esempio io neppure mi son riletta, per dire. Però ci sono le fotine sul flickr che vi ho linkato sopra, magari guardate quelle eh.

Argento nero.

Poi me l’ha fatto ricordare stamani Velenero (grazie) che io ci avevo un post nei cassetti della memoria che non avevo ancora sfruttato. O perlomeno penso di non averlo scritto, ma scusate qui non è che si ricordano le cose, tanto che quando ieri l’altro mi han chiesto cosa volesse dire strullo non ricordavo di averlo scritto io in un post.
No, non mi rileggo e per di più scrivo di getto.

Ma dicevo, volevo da tempo scrivere un post.
Mi ricordo che mentre pascolavo in giro per ipermercati francesi per poter mangiare qualcosa di verdura [di norma apro la busta bonduelle come fosse quella della sancarlo] uscendo andavo sempre a fare il pieno. Dopo aver visto che nel Marais l’unico benzinaio residente nel centro di Parigi, in veduta dell’Opera Bastille, vendeva la verde a 1.870 euri al litro capii molte cose.
Ossia che se uno le cose le vuole sotto mano è giusto che le paghi.
Al Champion di Fontainebleau-Avalon, oltre ad aver preso il pane alla castagna, quello alla mela e l’insalata [avevo lo stomaco sottosopra. In realtà presi anche una ventina di bottiglie di vino, ma è un’appendice] la benzina costava 1.080 euro al litro. L’unica cosa ardua dopo il self service fu capire che dentro un gabbiotto coi vetri fumé c’era la donnina per pagare.
All’Auchan di Tolon-La Seyne sur Mer 1.110 euro al litro. Tornai a Parma e costava, dal benzinaio più conveniente in zona Centro Torri, sui 1.300qualcosa euro al litro. Eppoi mi ricordo che da piccina, quando io e il franceseandatoamale o io e il moroso dell’epoca si passava Ventimiglia c’era da incazzarsi sempre per il costo delle autostrade francesi e della benzina francese. E io preferivo l’Austria, dove fino a poco fa la benza era sotto l’euro [eh, pensate eh, che dalla Baviera andavamo in Austria a fare il pieno. C’è un benzinaio a confine in zona Nido delle Aquile che c’è sempre la coda, sulla curva per andarci]

Dicevo però, in Francia con la storia della benzina distribuita dai supermercati si risparmia parecchio. Da Parma a Parigi occorre un pieno e mezzo della mia macchina, via Frejus.
Poi qualcuno mi spiega perché il Frejus costa 30 euro solo andata, e ci ha solo A/R entro sei giorni a 32 euro. Tariffe concorrenzialissime eh.
Solo che quando mettevo il pieno erano molti euro meno dell’Italia. Solo una volta, mi capitò a Senlis di fare benzina e anche lì costava meno di quando la faccio a Chianciano [penso che giù comprino soltanto il Brent, marò, andare dal benzinaio a Chianciano è sempre stato un esborso assurdo…]
Eppoi se è per davvero, come dice Velenero, che la gente non vuole alzare il culo dalla macchina per farsi il pieno… beh, allora son cazzi loro.
In Austria il pieno te lo fai da te, in Francia pure.
Poi i francesi mi stanno sul cazzo, ma su alcune cose sono avanti e mi tocca di rosicare.

Dicevamo: io poi mi sperdo nella politica, ma tempi addietro non volevano far vendere la benzina direttamente ai supermercati? Perché con la parafarmacia ci siamo riusciti e con la benzina no?
Bersani, vieqquà, capisco che tu hai l’auto blu e queste cose non ti toccano, ma a noi costretti a spostarci con la macchina perché trenitalia non ci da collegamenti comodi coi luoghi natii o con quelli lavorativi [lo so io come è fare in treno Parma-Mantova, pergiove] vorremmo la benzina a costi minori. Fa qualcosa, tortura i petrolieri [sì, soprattutto Moratti, dai], taglia le accise quelle sulla guerra nel Corno D’Africa, paga le aziende automobilistiche per progettare un motore a urina. Dai, sei il nostro idolo Bersà. Forza, su.

Pour magner.

Pensate, la discussione di capodanno tra me e mia nonna è stata: "sì, te ci hai avuto la guerra, ma io il primo anno di università tiravo avanti con 200 euro al mese per spese di casa e cibo e la prima settimana a Parma sono stata senza acqua, luce e gas. Te almeno stavate tutti nella merda, io la mattina vedevo sempre una che adesso fa la valletta a Gerriscotti. Io, ho subito. Ecco".

Mi è anche venuta in mente adesso perché volevo dirvi che a me, la gente che mi chiama, mi dice che è andata in ferie a Parigi e ha speso un botto mi fa incazzare.
Sì, beh, volevo fare un post sulla quota lipidica in un caffè, però la cosa sopra, facendomi incazzare sia perché io non ho una scusa valida/tempo d’andare nella città di cui sopra sia perché se uno vuol fare il turista medio son cisprulle sue.

Perché dopo dove dormire si può parlare anche del dove mangiare.
L’appendice al dove dormire che mi ha fatto la collega quella che fa il lavoro speculare al mio [lei a Budapest, io a Parigi; io a Budapest (magari), lei a Parigi; io a Vienna (sigh), lei a Berlino; io a Berlino, lei a Vienna] mi ha detto che lei per la storia sempre del "vi diamo un tot, che non riusciamo bene a capirlo come metterlo perché i committenti siamo due, per il rimborso spese e poi son cazzi vostri" lei mi disse che andava al bois de Boulogne, ché ti danno i bungalow tutti accessoriati. Solo che a me dava noia e quindi optai per l’Etap de la Villette. Nonchè, porcaloca, a me la XIX è piaciuta molto, come circoscrizione.
Cioè, però per noi giovani e per noi risparmiosi c’è pure quella, di opzione.

Il dove mangiare. Beh, insomma. C’è tanto da dire.
Anzitutto qua si mangiava circa una volta al giorno. Colazione, spuntino verso le 15 alle Gallerie Lafayette e poi cena verso le 23 quando andava di fortuna. Inutile dire che a volte entravo nel primo Quick o Pommes de pain a saccheggiare qualcosa.

Dopo due giorni a cucina stramba (per loro mangiapatate) a cena il gruppo polacco che accompagnavo [cioè, loro avevano 3-5 anni meno di me, era tipo compagnia di amisci] optò per due sere di seguito a carne. Anche perché il giorno dopo era stressantino. Optammo quindi per la catena Hippo, che non c’è solo in zona Villette ma un po’ dappertutto. Sulla tipologia dei ristoranti Courtepaille. Spesa tra i 15-20 euro bevande incluse. Carne buona (spero anche dal punto di vista bestia e ormoni), niente sapori strambi alla Mc Donald’s.

La Coupole, spesa attorno ai 25-30 euro. Bellissima. Ci troviamo a Montparnasse, quindi zona sud di Parigi per intenderci. E soprattutto la Coupole è il luogo d’indagini principale del commissario Maigret nel libro "la tête d’un homme" di Georges Simenon. Il servizio è buono, la cucina ottima. Soprattutto il posto vale assai.
Le Bristol (ocio, parte la musichetta che da anche noia). Caro. Logico, vai a mangiare da un due stelle Michelin. Da noi il trattamento fu speciale dal punto di vista prezzo [la famosa cena col collega famoso, bla bla], però le porzioni ovvio son quelle da ristoranti di classe (quelle inversamente proporzionali al prezzo). Buono eh, ma avevo lo stomaco che ruggiva abbestia quella sera [tipo, però le capesante al tartufo con brodo ristretto di pollo, chi avrebbe mai pensato di magnarle]
Chez papa. Tipico parigino, quindi se avete l’ansia del poco spazio e reazioni claustrofobiche, insomma… cazzi vostri. Sesto arrondissement.  Lo sapete nevvero che nelle brasserie e simili si mangia stretti stretti, no? Per quello forse la considerano la città dell’amore, a forza di star stretti…
Il prezzo non lo ricordo, che mi stavano offrendo la cena. Facendo un’astrazione (!) dovrebbe essere attorno ai 30 euro a capo (però abbiam anche bevuto parecchio, quindi…)
Le Procope [qui offrivo io, ché era il mio onomastico] storico locale di Parigi, aperto nel 1686. Il proprietario si chiamava Francesco Procopio Dei Coltelli. Nel 1689, i comédiens-francesi s’installarono lì di fronte e, fra le due rappresentazioni di una serata, il caffè divenne il caffè del teatro. Voltaire, Rousseau et Diderot ne furono degli habitués e così, durante la rivoluzione Danton, Marat et Robespierre. Benjamin Franklin abbozzò la costituzione americana seduto ad uno dei suoi tavolini. Prezzi sui 35 euri per un menù completo ammazzacaffè incluso.
Au relais des buttes, invero questi son dei miti umani, ché siamo arrivati lì a mezzanotte stanchi come bestie e ci hanno accolto e tenuto aperto fino all’una e mezza. Quindi il giudizio è influenzato da tutto ciò. E io ero in crisi di riso da stanchezza, dacché la via vicina era rue des Mignottes. Occhio però, che la carta è cara e invece conviene il menù fisso, che viene 30 euri tutto compreso.
Ah, sì, la cucina stramba era:
L’oriental (libanese) e L’Atlandide (cucina berbera).
Da segnalare al lato sempre per esoticità, come salone da té, quello interno alla Moschea di Parigi, sesto distretto vicino al Jardin des Plantes. Vi dirò, in quella zona prima ci sono i Lefevreriani, poi l’arena di Lutezia e poi la Moschea. Zona che purtroppo conosco ancora troppo poco [e non so come mai sia successo in quattro volte che bazzico Parigi, boh]

Enjoy the silence.

A me principalmente piace stordirmi.
Nel senso, sono abituata a fare diverse cose, a tenere sotto controllo tre quattro cose. Tipo, ora i giorni di vacanza mi han distrutto. Infatti si vede: ho gli occhi sbarrati fino alle cinque di notte. Andrei a dormire dalle nove di mattina alle tre e mezza di pomeriggio.

Quando ero a Parigi, a lavorare, dormivo da mezzanotte e mezza alle sei e mezza di mattina. Che poi eran poche le volte che arrivavo a dormire alle sette. Mi svegliavo sempre prima, girandomi a guardare la finestra di fronte a me.
Albeggiava. Io, astigmatica, stringevo gli occhi per cercare di focalizzare nel display sotto il televisore che ore fossero. Qualche mattina non lo vedevo, quindi cercavo a tastoni il cellulare appoggiato da qualche parte sulla moquette, accanto alle ciabatte.

Quando passavo in metropolitana di fronte alle fermate mi sembrava che stessi andando a perdere tempo a lavorare e non vedere i posti che avrei avuto di fronte, a disposizione, da vedere.
Quindi le pause pranzo, o quelle sigaretta [ero l’unica che non fumava, quindi cumulavo e mancavo un’ora piena, anziché dodici minuti ogni ora, ogni tre lavorative] erano sprecate in giro a vedere, guardare i posti, fotografare, osservare la gente.
Il problema è che a me piace tanto osservare. Mi da fastidio infatti restare sempre ferma, da qualche parte, come concetto immanente. Nel senso che sì, a me piace ciabattare in casa. Quando mi viene a trovare una persona, quando vado a trovare amici e ci sto bene, e mi piace chiaccherarci, e mi piace osservarli -non nel senso che li vedo tipo scimmiette eh- e ascoltarli non è che sento il bisogno primario di uscire e di vedere il cielo.
Capiamoci, io sono una irrequieta in ciabatte. Sono realmente così, se non faccio quelle quattro o cinque cose assieme mi sembra davvero di starmi a rotolare i pollici. E per di più, se il mio miglioramicodinfanzianonchésemiparentedisestogrado dice due cose riguardo il suo stato, ossia "ho fame" e "ho sonno", la cosa che più spesso ripeto io, e per la quale mia madre ha sviluppato una certa idiosincrasia è "mi annoio".
Quindi i nostri dialoghi iniziano con un mah, che facevi, io mi annoiavo… ah, tu eri a fare il pisolo postprandiale.

Tutto questo per arrivare a parlare di cose che tralasciai nei racconti dalla Francia.
Avevo dei pirla di colleghi. Come dire, così. Gente particolare per dire.
Il tizio collegoso di riferimento, ossia il francese stabile lì che doveva farci da riferimento ma era sbalestrato come una banderuola sul tetto in tempo di tramontana.
Una sera eravamo a cena. Sì, bellino, si va a cena tra colleghi.
Due coglioni.
Non nel senso di persone che disistimo, ma nel senso d’orchite. Fighettismo e il nulla infiocchettato e reso spray. Per dire, anzitutto io la sera, quando pranzav… ehm, cenavo al tailandese o al ristoranteacasoconmoltopiccante non è che cacciavo tantissimo. Ma capitemi, cacciare 45 euri e non magnare una beata fava è una cosa che il mio stomaco non gradì. Poi per problemi proprio di fame cieca alle due dovetti rimediare col kebab del greco vicino l’albergo. Poi ci misi diciotto ore a digerirlo, ma era un dettaglio. Ora, poi dopo a stomaco vuoto siamo andati a pogare al concerto dei Lacuna Coil.
E lì, comunque, è da raccontare la serata.

Il tizio di cui sopra [che scoprii blogger cianfrese famoso, immortalato sempre in modo copioso in quella blogfest certa e annuale che fanno loro a Parigi che mi pare si chiami blogue-t-il o una roba simile] dopo avermi sfinito parlando di:
a) i suoi frequenti figosi viaggi per lavoro
b) il suo rapporto coi genitori [madre architetto e padre medico, o l’inverso, ho rimosso]
[e intanto il collega crucco rideva e mi diceva "l’anno scorso toccò a me, coraggio"]
c) il vivere male la sua omosessualità da quando ha scoperto che forse si sente ancora bisessuale, e all’inizio per dimostrarsi di non essere omosessuale andava in giro a trombare massivamente. Poi anche per dimostrare la sua omosessualità fece lo stesso, ma sentenosi in colpa di aver tradito il compagno iniziò ad andare in analisi.
d) non sapere come piazzare il nuovo divano a causa del feng-shui o comecazzosiscrive.
mi chiese quello che non doveva chiedere.

"Tu cosa studi?"
"Medicina…"
"Ah, e perché lavori?"
"Anche a me piace fare cose estrose. Te vai dall’analista e io provo l’ebbrezza di lavorare."
"Ma che ti fai per avere tutte queste energie?"
"Prendo l’energia dal giramento dei miei coglioni, infatti mi irrito molto facilmente…"
[la frase sopra, ci ho messo venti secondi a renderla in francese, fortunatamente pareva una pausa scenica, ma tournement de mon couilles è qualcosa di pregiato]

Non so perché ma dopo di questo, ma è tornato a ossessionare il collega che rideva, prima.